Altre Pagine

venerdì 10 agosto 2018

Il glorioso San Rocco del Terzo Ordine del Padre San Francesco


Questo scritto è dedicato a San Rocco pellegrino per una lettura della sua vita e del suo culto nella prospettiva francescana. San Rocco, secondo le fonti ecclesiali, aderì giovanissimo al Terz’Ordine di San Francesco, ed il titolo che ho scelto lo si legge in un Leggendario Francescano del 1689. Si tratta quindi di una tradizione antichissima fondata su una Bolla papale (“Cum a nobis” del 1547 di papa Paolo III che fa riferimento a date ancora più antiche), che ha avuto riflessi anche sulle fonti agiografiche locali frattesi dell’800 (Vita di San Rocco scritta da Fra Giuseppe Arcangelo di Frattamaggiore nel 1837) e del '900 (Vita di San Rocco scritta da Nicola Capasso per Il Pellegrino a partire dal 1924). La chiesa dedicata al Santo in Frattamaggiore porta il segno francescano di San Rocco fin dalla sua fondazione, con la scelta dell’icona antica affrescata dal Vetri nella lunetta della facciata che ritrae il Santo con l’abito del frate sotto il mantello, e ancora recentemente con la collocazione della statua di San Francesco in alto sulla stessa facciata.


LE FONTI

Nel capitolo del LEGGENDARIO FRANCESCANO dedicato ai santi celebrati A di 16 Agosto, e in particolare nella Vita di San Rocco del Terz’Ordine Nostro si legge:

Il glorioso San Rocco del Terzo Ordine del Padre San Francesco, & Avvocato contro la peste, nacque in Mompolieri nella Provincia di Linguadoca della Francia, l’anno del Signore, 1285, suo Padre si chiamò Giovanni, e la Madre Libera persone illustri, Signori di detta Città, & altri luoghi […] Pervenuto all’anno duodecimo, o secondo altri più probabilmente dicono, al ventesimo rimase senza Padre, e Madre, onde distribuì tutti i denari, e l’avere dell’amplissimo patrimonio lasciatogli, a’ poveri, e necessitosi. Nè sodisfatto d’essersi spogliato de’ beni mobili, bramando staccarsi in tutto da qualsivoglia cosa terrena, e non potendo privarsi del dominio de’ feudi, determinò da quello dilungarsi. Raccomandò ad un suo Zio l’amministrazione della Città, e Terre, e di quanto a lui apparteneva di stabile, e vestitosi l’abito di Penitente del Terz’Ordine, del Nostro Padre San Francesco, con un bordone, & a piedi, come povero Penitente lasciò la Patria, i parenti, gl’amici, spreggiò tutti i fasti, e grandezze del secolo, dalla Francia si mise in pellegrinaggio per l’Italia. (p. 489)

Nella Vita di S. Rocco scritta nel 1837 dal frattese Frate Giuseppe Arcangelo si legge:

Avea Rocco in altissima stima, e venerazione la Città di Roma, come Capitale del Mondo Cattolico, e Sede del Romano Pontefice Capo della Chiesa, e ricca di tanti Santuarìi, e monumenti preziosi, ed ammirabili della nostra santa Religione; sicché il suo disegno nell’ abbandonare la Patria, ed imprendere un pellegrinaggio virtuoso, fu quello di portarsi a Roma per visitare i Luoghi Santi, per arricchire l’anima sua di que’ tanti Preziosi, e ricchi spirituali tesori di S. Indulgenze Plenarie, che da più Sommi Pontefici erano state concesse a tutti quelli, che avrebbero fatto tali visite colle dovute disposizioni. Deposti perciò gli abiti decenti del suo stato, vesti l’abito de’ Fratelli del terz’ Ordine de’ Penitenti istituito dal Serafico Padre S. Francesco; si compose in tutto da Pellegrino, e cosi mal’ in arnese, e senza un decente viatico, nascostamente, e da sconosciuto abbandona la Patria, i parenti, gli amici, e tutti, e verso l’Italia indirizza il suo cammino. Può immaginarsi ogniuno quanto difficoltoso, ed incomodo dovesse riuscire a Rocco un tal pellegrinaggio, e quale esercizio di virtù, di umiltà in particolare, di mortificazione, di pazienza costargli; in quel tempo specialmente, in cui in molte Città dell’ Italia, per le quali dovea necessariamente passare, dominava una fierissima Peste, che strage faceva; e la morte inesorabile con l’affilata sua falce a fasci meteva le vite. (p. 27)

Un eccezionale agiografo di San Rocco fu Mons. Nicola Capasso, prima parroco della chiesa frattese dedicata ala Santo e poi vescovo di Acerra. Egli si servì di molte fonti per la vita del Santo e dalle pagine di Il Pellegrino del 1924, giornale parrocchiale da lui diretto, leggiamo brani relativi a San Rocco terziario francescano:

Frequentò con assiduità le pubbliche scuole della città, alle quali il padre lo inviò per dargli un’istruzione corrispondente al suo stato. Montpellier a quel tempo (sec. XIV) aveva, come si è detto, scuole di medicina, di scienze e di lettere molto famose in Europa; e però da ogni parte accorreva una folla di giovani per completarvi gli studi [...] Il tempo che gli avanzava dalle scuole, lo spendeva sotto le volte gotiche della chiesa di San Firmino, ora a fare da guida e interprete ai pellegrini, ora a soccorrere i poverelli. Vi era allora a Montpellier, un convento di Francescani, dove si conservava una preziosa reliquia, una spina della santa corona. S. Rocco, stretta amicizia con quei buoni frati, si tratteneva spesso nel loro santuario, s’infervorava nel servizio di Dio con le loro conversazioni, e manifestava spesso il desiderio di seguire il Signore per una via più perfetta. I frati ammiravano le buone disposizioni del giovanetto, e lo ascrissero nel Terzo Ordine Francescano. Così San Rocco s’avanzava a passi di gigante nella via della perfezione.

Propongo ora di seguito una sintesi di testi da me scritti in varie occasioni per le celebrazioni di San Rocco a Frattamaggiore negli anni scorsi.

LA VITA

San Rocco è un santo del Medioevo, e la sua figura può essere compresa tra i contrasti di quell'epoca storica. Sulla sua storia personale non esistono cronache datate e resoconti precisi. Esistono degli  'ACTA'  antichi  anonimi, detti 'ACTA BELFORTIANI' o 'ACTA BREVIORA', trovati dai BOLLANDISTI tra i manoscritti del monastero dei Betlemiti presso Lovanio e ricostruiti con un manoscritto dei Padri Celestini di Parigi. Gli specialisti fanno risalire la stesura di questi 'ACTA' ai primi decenni del XV secolo. Con il racconto della vicenda principale in essi contenuti, gli ACTA BREVIORA sembrano rimandare ad avvenimenti verificatisi intorno  al 1350 e collegati con la epidemia di peste nera che per circa un decennio, funestò l'Italia e l'Europa.
Tutti gli autori successivi si rifecero agli 'ACTA' anonimi; e vi aggiunsero solo poche informazioni che riguardarono la vicenda terrena di San Rocco, inquadrata in una epoca determinata con date più o meno attentibili, e la vicenda gloriosa  del Santo, del quale si cercò di seguire la storia postuma e la diffusione delle sue reliquie nelle varie città d'Italia, di Francia e d'Europa.
 Le storie antiche della vita di San Rocco, gli 'ACTA BREVIORA' anonimi del XV secolo e la 'VITA S. ROCHI' di F. Diedo, posero in risalto la nobiltà dei natali e la miracolosità della nascita del Santo. Egli nacque da Giovanni, signore di Montpellier, e da Libera, donna  altrettanto nobile e devotissima. La nascita del santo, similmente a quella di Giovanni il Battista fu ritenuta miracolosa e segnata dalla volontà divina con una croce impressa sulla sua cute la quale fu interpretata come simbolo della sua consacrazione a Cristo.
 Egli fu educato alla bontà e alla pietà, e fu per lui modello di vita la santità di un altro nobile francese dell'epoca: Ludovico d'Angiò, giovanissimo Vescovo di Tolosa, il quale rinunciò al Regno di Napoli per la sequela di Cristo. Come questo santo principe che volle indossare l'abito della povertà francescana, lo stesso nobile Rocco, come si legge nella bolla “Cum a nobis” del 1547 di papa Paolo III, volle aderire all'ordine dei Frati di San Francesco d'Assisi, facendosi  Terziario.  

Rocco fu aduso al digiuno già in tenera età e, adolescente, praticò le  virtù e la penitenza cristiane. Il passaggio di tantissimi pellegrini per la sua città, posta sulla Via per Santiago di Compostela, colpì la sua giovane mentalità; e lo affascinò al punto che egli stesso si predisponeva al pellegrinaggio a Roma, in Terra Santa e verso gli altri luoghi della cristianità medievale, come  San Michele al Gargano e San Matteo a Salerno.
Ancora adolescente egli raccolse le ultime volontà del padre che gli propose di usare cristianamente i beni che riceveva. Dopo la morte della madre, avvenuta qualche anno dopo, Rocco rimase solo a gestire i suoi beni, che destinò alla consolazione dei poveri, delle vedove, degli orfani. Si ritrovò che aveva praticamente dispensato tutti i suoi beni. E non gli rimaneva  altro che il suo desiderio di andare pellegrino. E giovanissimo, con l’animo francescano, egli indossò l'abito del  viandante; prese il bacolo, mise il cappellaccio e il manto conghigliato, e si  avviò verso Roma. 

Dopo qualche tempo, lasciandosi alle spalle la Liguria, egli si incamminò per la Toscana, percorrendo la Cassia, attraverso Lucca e Siena. Giunse nello Stato Pontificio, ad Acquapendente, nel territorio  della città papale di Viterbo, a ridosso del lago di Bolsena; all'incrocio della strada per l'Umbria che partiva da Orvieto.
Lo avevano affascinato le colline e i paesaggi, le rocche e le badie che incontrava sul suo cammino; i monasteri e i rifugi di campagna che lo ospitavano.
Ad Acquapendente lo raggiunse la notizia che la peste si andava diffondendo in maniera durissima, colpendo i giovani più forti e mietendo vittime in ogni contrada. Allora egli chiese, mosso dalla carità di Dio, al responsabile dell'ospedale di quella cittadina, un certo Vincenzo, di poter servire volontario gli ammalati e i derelitti; e devotamente si mise a curare i malati, nel nome e nel segno di Cristo; ricevendone gratitudine e riconoscenza.
Le vicende dell'epidemia gli impedirono, per qualche tempo, di raggiungere Roma; ed egli, riscoprendosi poteri taumaturgici ed avvertendoli come volontà divina, si avviò verso i luoghi dove il morbo infieriva, cercando di portare sollievo e guarigioni. Si trovò così, il santo giovane, a percorrere la strada appenninica verso il Nord, dove raggiunse la città di Cesena; e li contribuì a liberarla dalla peste. 

Dopo qualche tempo egli fu a Roma, ospite  del  Cardinale  d'Angera. Anche a questo cardinale egli ebbe opportunità di mostrare i suoi poteri taumaturgici; liberandolo dal morbo con l'impressione di un segno di croce sulla fronte.
Riconoscente, ma anche infastidito dal segno che permaneva sulla sua fronte secondo quando dice la cronaca antica, il Cardinale ospitò il santo per qualche anno nel suo palazzo; e gli fece conoscere il Pontefice, il quale di sua mano lo benedisse e gli concesse l'indulgenza plenaria del pellegrino di San Pietro e di San Paolo. Alla morte del Cardinale, Rocco lasciò Roma, dopo  avervi vissuto per circa tre anni; e si avviò al Nord per la Flaminia, visitando Assisi e i luoghi francescani dell'Umbria. A Rimini egli si fermò ancora per qualche tempo, perché la peste continuava ad infierire; offrendo la sua opera e guarendo molti appestati. Percorrendo poi l'Emilia, egli attraversò città e campagne, dirigendosi verso Piacenza, Pavia e Milano. La cronaca antica, dopo Rimini, lo segnalò a Novara, altra città funestata dalla peste più grave. Rocco si recò poi a Piacenza, città ancora invasa dalla malattia; e là egli si prodigò nell'ospedale, nei lazzaretti e nelle case della gente, benedicendo e curando gli ammalati con il segno della croce e con interventi igienici.
Fu a Piacenza che Rocco ebbe il sentore dell'Angelo che gli preannunciava che la peste avrebbe colpito anche lui: le infezioni alla sua gamba si estesero in maniera dolorosa e lo privarono del sonno e lo costrinsero al gemito e al pianto. Di notte, così, egli abbandonò l'ospedale e si  recò  in una selva fuori della città.
La peste di Rocco, nel disegno divino, doveva avere valore di sofferenza offerta per la liberazione di tutti; ed in questa prospettiva Rocco si costruì un luogo appartato con le frasche ove miracolosamente sgorgò una fonte di acqua pura.

Nella stessa selva si trovavano la villa rurale e le proprietà del nobile Gottardo. Alla tavola di questo nobile, ogni tanto, un suo cane 'venatico' sottraeva del pane e lo portava al santo eremita Rocco. Questo comportamento dell'animale incuriosì Gottardo, che volle seguire il cane; e scoprì la capanna di san Rocco che ivi giaceva affetto dalla peste. Il rispetto e l'amicizia reciproca furono subito i sentimenti che emersero tra i due uomini. Gottardo vide nel comportamento del cane un segno divino, e volle aiutare il santo. Vicino a Rocco Gottardo si convinse ad abbracciare la povertà e ad andare elemosinando per Piacenza, dove era molto conosciuto, tra lo scherno generale. La peste si  riaccese  violenta in città, e Rocco fu costretto a lasciare il suo eremo per portare conforto e cura agli appestati. La sua presenza in città mitigò miracolosamente le brutte manifestazioni del male; e i piacentini riconoscenti vollero onorare Rocco nel bosco, condividendone la vita e ascoltandone l'insegnamento. Durante una notte, Gottardo ascoltò la voce dell'Angelo che annunziava a Rocco la fine della sua malattia; e riferì la cosa al Santo; il quale effettivamente guarì e, ringraziando il Signore, riprese la via del ritorno verso la Francia. Da Piacenza, Rocco, seguendo la via ripense del Po e del Ticino, si portò ad Angera; città di cui teneva il titolo il suo vecchio amico Cardinale, e la quale era dominio di un suo zio. In questa città, situata sulla riva del lago Maggiore, erano in corso scontri bellici; e Rocco, scambiato per nemico, fu imprigionato; e là rimase in cella per cinque anni, senza avere occasione di manifestare la sua nobile identità. Il malinteso fu risolto alla sua morte; quando segni di luce misteriosa nella cella testimoniavano la sua innocenza e la sua sofferenza accettata per amore di Dio. 

In fin di vita, Rocco chiese un sacerdote per confessarsi; e chiese alle guardie di non essere accudito per tre giorni. Una rivelazione dell'Angelo manifestò poi a Rocco che una sua preghiera sarebbe stata accolta e soddisfatta dallo stesso Signore. Ed egli chiese di essere patrono nella peste e di aiutare tutti quelli che, patendo  dei  pericoli di questo morbo, si fossero rivolti a Dio e al suo patrocinio. La notizia dei fenomeni miracolosi nella cella di Rocco si diffuse e giunse al signore della città; la madre del quale, dalla tavoletta d'oro con l'impressione del nome del Santo miracolosamente ritrovata sotto la  sua testa e dal segno della croce impresso sul petto, riconobbe nel santo pellegrino il nipote del figlio e ricordò che il padre di Rocco era stato fratello germano del signore di Angera. Alla sepoltura gli abitanti di Angera parteciparono commossi; e al pellegrino, ritenendolo già santo, innalzarono una grande Chiesa.

IL CULTO

Un antico filone della storia agiografica di San Rocco ne segnala la nascita al 1295 e la morte al 1327. Altri filoni più recenti, sulla base di  ragionamenti sui contenuti dei primi ACTA anonimi del XV secolo, segnalano date diverse.
La diffusione del culto di San Rocco  nella Cristianità ha seguito diversi schemi. Un primo schema di sviluppo spontaneo della devozione fu quello attuatosi subito dopo la morte del Santo nei paesi  dell'Italia settentrionale e della Francia meridionale che furono testimoni  del  suo passaggio e del suo impegno a favore degli appestati.
La peste in Europa infierì per circa un decennio a partire dal 1347, epoca dell'inizio della 'guerra dei 100 anni' tra Francia ed Inghilterra.
In quel contesto storico sembra che il giovane Rocco abbia svolto la sua attività di pellegrino e di taumaturgo in Italia.
Montpellier, la città natale, Angera, la città della morte, Piacenza, Cesena, Acquapendente ed altre città subito onorarono il Santo con cappelle, luoghi ed organizzazioni devozionali. Venezia riuscì ad avere la maggiore reliquia del Santo nel 1485, e l'antica Confraternita della SCUOLA GRANDE DI S.ROCCO divenne il principale faro del culto rocchiano in Italia e nel mondo.
Lo schema più probabile della diffusione del culto del Santo appare comunque quello realizzatosi a partire dal Concilio di Costanza (1414). Con questo schema, nel verificarsi  delle  epidemie, si ricorreva alla efficace protezione di San Sebastiano e di San Rocco, il quale, da quel tempo, incominciò ad essere invocato e presente con il suo patrocinio nei vari luoghi d'Europa.
I Francescani, come d’altra parte i Minimi i Trinitari e i Domenicani, ebbero un culto privilegiato per San Rocco appartenente al Terz’Ordine favorito da pontefici francescani che ne consentirono la vasta diffusione e celebrazione che fu poi sancita ne 1594 da Gregorio XIII con la canonizzazione e l’stituzione della Festa al 16 Agosto.
 Ad Aversa la costituzione di una Confraternita intitolata al Santo e la costruzione di una chiesa a lui dedicata vengono fatte risalire dagli storici locali al tempo della peste del 1526. Per questa città, comunque, e per qualche altra dell'entroterra napoletano, come Frattamaggiore, la nascita del culto rocchiano, su base documentata, sembra risalire ad un periodo precedente, al 1493; epoca di una epidemia pestilenziale a Napoli. In quell'epoca la Corte aragonese la Vicaria e la Sommaria si trasferirono ad Aversa, a Frattamaggiore e a Nola; ed il ricorso al  Santo  protettore in questi luoghi fu quasi naturale.
 Un ulteriore schema molto probabile di diffusione del culto  di San Rocco è quello legato ai luoghi del suo personale pellegrinaggio e ai luoghi del pellegrinaggio cristiano in generale. Tutte le vie del pellegrinaggio antico, la Tratta Francigena, la via di Santiago e la via di Roma sono, infatti, piene  del segno di S.Rocco.


In questo ultimo tipo di diffusione devozionale si riscontrano significati molto vicini alle istanze contemporanee della ricerca di Dio; e a quelle della moderna gioventù itinerante e proiettata nell'assoluto religioso.
Il patrocinio del Santo appare ancora oggi proponibile e rispondente alle tematiche morali e sanitarie legate ai pericoli delle contaminazioni e delle malattie contagiose che affliggono l'umanità.

In questi sensi San Rocco è ancora un santo attuale e giovane, anche se legato alla più inveterata tradizione devozionale e taumaturgica. A questo proposito leggiamo ancora l’esortazione di Mons. Capasso dalla fonte del 1924 :

Imparino i fanciulli e i giovani da S. Rocco, come debbono passare i più belli anni della loro vita. Si suol dire che la gioventù deve divertirsi; e così si consuma l’età più preziosa in passatempi e vizi, ruinandosi l’anima e il corpo. S. Rocco, invece tutto intento allo studio e alle opere di religione, c’insegna che dobbiamo consacrare a Dio le primizie dei nostri anni, dobbiamo in questo tempo, acquistare le abitudini del lavoro e delle virtù cristiane, perché come dice lo Spirito Santo “il giovanetto, dopo che ha acquistato le sue abitudini, anche se si fa vecchio, non le smetterà più” (Prov XXII, 6).

Fonti iconografiche: Fototeca della Parrocchia San Rocco in Frattamaggiore
                                 Polittico di San Rocco di A. Gandino - ca. 1590

1 commento: