La
spiritualità di Caterina Volpicelli, fondatrice delle
Ancelle
del Sacro Cuore,
fu
considerata dal cardinale Michele Giordano “tutta
cristologica”
(Card. M.Giordano in: AA.VV., Caterina
Volpicelli nella cordata di santi dell’Ottocento meridionale,
Napoli 1995),
per il suo fondamentale riferirsi alla consacrazione al Sacro
Cuore di Gesù.
Si tratta di una particolare espressione della Volpicelli che aderì
in maniera originale alla devozione che si sviluppò nel panorama
della vita religiosa e della riflessione teologica che si delinearono
nella cattolicità europea, a partire dal XVI secolo, sulla base
dell’esperienza mistica di Santa Margherita a Paray-le-Monial.
Tale
spiritualità ebbe anche eccezionali originalità mariane
nell’esperienza di Caterina, la quale “nel Sacro Cuore”
attinse sicuramente le energie per rendere operanti ed esemplari
la carità e la direzione spirituale della sua Congregazione, ma
anche “nella fede della Vergine” ella pose la speranza del
suo agire e del suo servizio di “Ancella del Signore”. Un
riferimento storico in tal senso fu l’originalità mariana della
vocazione giovanile di Caterina, la quale amava nominarsi Maria
Caterina e frequentava l’oratorio delle Sacramentine ove si
venerava la Madre del Buon Consiglio, portando al suo polso la
decina di un rosario di corallo per pregare anche nelle occasioni
mondane.
La
spiritualità che diviene azione ed animazione ecclesiale,
costruzione nella carità della comunità di preghiera e di
condivisione fraterna delle problematiche del popolo, è il tratto
dell'opera di Caterina Volpicelli indicato dal Cardinale Crescenzio
Sepe in occasione del 125° anniversario della fondazione del
Santuario napoletano del Sacro Cuore ( 21 dicembre 2008).
I
tratti eucaristici della
spiritualità della beata Caterina furono sottolineati direttamente
da Giovanni Paolo II nell'omelia per il giorno della
beatificazione in San Pietro (29 Aprile 2001):
“La
Beata Caterina Volpicelli dall’Eucaristia seppe trarre sempre
quell’ardore missionario che la spinse ad esprimere la sua
vocazione nella Chiesa, docilmente sottomessa ai Pastori e
profeticamente intenta a promuovere il laicato e forme nuove di vita
consacrata. Fu la prima “zelatrice” dell’Apostolato della
Preghiera in Italia e lascia in eredità, specialmente alle Ancelle
del Sacro Cuore, una singolare missione apostolica che deve
continuare ad alimentarsi incessantemente alla fonte del Mistero
eucaristico”.
Con
le parole che Benedetto XVI ha dedicato alla santa napoletana nel
giorno della canonizzazione, Domenica 26 aprile 2009, si
completa il suo ritratto spirituale:
“Testimone
dell’amore divino fu anche santa Caterina Volpicelli, che si sforzò
di “essere di Cristo, per portare a Cristo” quanti ebbe ad
incontrare nella Napoli di fine Ottocento, in un tempo di crisi
spirituale e sociale. Anche per lei il segreto fu l’Eucaristia.
Alle sue prime collaboratrici raccomandava di coltivare una intensa
vita spirituale nella preghiera e, soprattutto, il contatto vitale
con Gesù eucaristico. E’ questa anche oggi la condizione per
proseguire l’opera e la missione da lei iniziate e lasciate in
eredità alle “Ancelle del Sacro Cuore”. Per essere autentiche
educatrici della fede, desiderose di trasmettere alle nuove
generazioni i valori della cultura cristiana, è indispensabile, come
amava ripetere, liberare Dio dalle prigioni in cui lo hanno confinato
gli uomini. Solo infatti nel Cuore di Cristo l’umanità può
trovare la sua “stabile dimora”. Santa Caterina mostra alle sue
figlie spirituali e a tutti noi, il cammino esigente di una
conversione che cambi in radice il cuore, e si traduca in azioni
coerenti con il Vangelo. E’ possibile così porre le basi per
costruire una società aperta alla giustizia e alla solidarietà,
superando quello squilibrio economico e culturale che continua a
sussistere in gran parte del nostro pianeta.”
Tra
i tanti contributi, alla scoperta e alla conoscenza dei tratti
spirituali della vita e dell’opera di Santa Caterina Volpicelli,
assume una particolare importanza il libro Caterina Volpicelli
donna della Napoli dell’Ottocento di mons. Antonio Illibato,
Archivista della Diocesi di Napoli. Si tratta di un tomo di circa 600
pagine che pone il lettore a confronto con un contesto storico
complesso e con una personalità affascinante. Esso è stato dato
alla stampa nel 2008, nell'ultimo anno del decennio trascorso dalla
beatificazione di Caterina (2001) alla sua canonizzazione (2009), e
si comprende l'importanza del suo contributo alla conoscenza della
figura della santa napoletana. Le rigorose pagine di storia scritte e
documentate con il riferimento diretto alle fonti archivistiche e
bibliografiche, riguardanti il quadro epocale ed il succedersi degli
avvenimenti, costituiscono dimensioni ed approcci oggettivi che
lasciano al lettore l’intuizione e la scoperta dell’anima della
protagonista del libro.
Il
taglio archivistico ed il procedimento della ricerca dell’autore
consentono la tracciatura di un tratto storico del cattolicesimo
napoletano tra prima e seconda metà dell’ottocento. Si tratta di
un percorso conoscitivo, per molti aspetti inediti, che porta alla
scoperta di un mondo, di una cultura e di un certo numero di
personalità, relativamente note ma di grande rilevanza e significato
nella chiesa cattolica europea dell’epoca.
La
figura di Caterina Volpicelli, con lo sviluppo della sua opera
religiosa, viene continuamente stagliata e rapportata ai vari momenti
storici; e ne emerge una documentata storia personale della santa
relazionata agli avvenimenti napoletani e ai riverberi europei,
soprattutto italiani e francesi, della cultura e della spiritualità
cattolica legata alla devozione del Sacro Cuore di Gesù.
Contribuisce
il libro anche a far emergere alcuni aspetti interessanti che
riguardano il legame che la vocazione religiosa di Caterina ha avuto
fin dal suo manifestarsi con una ispirazione alla forma di vita
francescana. L’interesse sorge perché è possibile scorgere il
corpo della Santa, rivestito dell’abito “francescano”,
nell’urna di vetro della sua Peregrinatio che quest’anno
si svolge nella Basilica di San Sossio (29 settembre – 6 ottobre
2019) in occasione della celebrazione degli 80 anni di presenza delle
Ancelle del Sacro Cuore a Frattamaggiore.
Si
leggono dal libro i seguenti riferimenti:
Il
19 settembre 1855 Caterina, per trascorrere qualche ora di
serenità, si recò con alcune «giovani amiche» a visitare il
convento della Palma, dove conobbe p. Ludovico da Casoria. Il suo
aspetto, rammenterà più tardi, «mi attirò grandemente e più
ancora il suo parlare dolce e soave, ed animato veramente da
un’unzione celeste». Invitata ad entrare nel Terz’Ordine,
decise «nel momento» di indossare lo scapolare e cingere il
cordone francescano, anche se prima non ci aveva mai
pensato.
[…]
Nei
primi giorni del 1873 Caterina fittò la parte del suo palazzo,
restata vuota, alle suore Bigie di
p. Ludovico da Casoria, che verosimilmente vi si trasferirono poco
dopo. La loro permanenza alla
Salute durò, probabilmente, sino alla fine di quell’anno.
[…]
La
casa di Caterina Volpicelli, per circa un quarto di secolo, fu un
attivo centro di spiritualità, in
cui trovarono accoglienza numerose anime desiderose di
perfezione. È stato detto della parte avuta da p. Ludovico da
Casoria negli anni della giovinezza della sua. Quando, trovata la
propria strada, la fondatrice si trasferì alla Salute con la sua
minuscola comunità non vennero meno i buoni rapporti con il frate:
rapporti improntati a zelo apostolico da una parte, e a rispettosa
devozione dall’altra. È significativo quanto deposto da Caterina
al processo canonico del santo francescano: «Mi sono sempre giovata
de’suoi consigli, e sempre con grande mio vantaggio; anzi debbo
dire che le sue parole […] mi fissavano così che io non aveva mai
animo di replicare od oppormi al suo avviso. E qui debbo aggiungere
che il Servo di Dio sempre che mi diceva qualche cosa consigliandomi
e dirigendomi nello spirito, soleva sempre soggiungere con profonda
umiltà: per altro io non sono il tuo confessore, regolati con lui ed
ubbidiscigli pienamente». Nell’aprile del 1879 lo stesso p.
Ludovico così riassumeva il senso della loro ultraventennale
consuetudine: «tu fosti una delle prime terziarie francescane; io
fui il primo amico dell’anima tua e delle tue ispirazioni. Però
fui sempre al mio posto e stetti sempre indietro guardando che cosa
Gesù voleva da te, senza entrare nelle vedute del Signore e così
siamo stati sempre uniti nelle opere del Signore. Tu per una via io
per un’altra; ma tutti e due siamo stati servi del Signore».
Nei
primi mesi del 1878 la Volpicelli divisò di innestare il
suo istituto al grande albero
francescano,
aggregando le Ancelle e le Oblate al Terz’Ordine francescano e
stringendo «una santa lega di carità» tra la Pia Unione e la
congregazione dei Frati Bigi della Carità. Comunicò questo suo
desiderio
all’ardente frate, che acconsentì di buon animo. Il 5 marzo si
recò alla Salute, dove celebrò messa e parlò alle partecipanti
«come padre a figlie». L’unico mezzo «per andare al Cuore di
Gesù» e «vivere nella vita di Lui», disse, è «il cuore di san
Francesco; e San Francesco, nella pratica, è la povertà, la quale è
lo spogliamento dell’anima da tutti gli attaccamenti e pesi di
questo mondo. […] Lo scapolare dunque di San Francesco dev’essere
per le signore la povertà nascosta sotto la veste del secolo,
simbolo del cuore spogliato del fasto e delle vanità e degli amori
del
mondo».
Raccomandò poi l’obbedienza al direttore e concluse: «l’opera
si deve propagare e si propagherà; e voi dovete essere le
propagatrici […] di questa istituzione del Cuore di Gesù». Al
termine emisero la professione don Vincenzo Silvestri, cappellano
delle Ancelle, Angelica Martinelli e Amalia Vercillo; mentre alcune
Ancelle e Oblate ricevettero lo scapolare o il cordone di terziarie
francescane. In quello stesso giorno la fondatrice inviò una lettera
«a tutt’i figliuoli» di p. Ludovico. «O carissimi fratelli –
scrisse – stringiamoci nel cuore divino di Gesù, e con la guida
del comun
Padre, San Francesco, e della vera Ancella fedelissima al Sacro
Cuore, la B. Margherita, (mi si perdoni l’ardimento) sfidiamoci
nello sforzarci di penetrare nell’interno di quel Cuore divino».
Aiutamoci a vicenda perché «sia consolato quel Cuore trafitto, con
la conversione di moltissime anime e l’acquisto di molti cuori che
si donino interamente al suo amore».
[...]
Nel
maggio del 1879 la Madre volle stringere «una Santa Lega e una piena
comunione di beni spirituali»
con le Elisabettine, analoga a quella annodata tempo prima con i
Frati Bigi: le Ancelle sarebbero state tutte terziarie francescane e
le Elisabettine tutte zelatrici dell’Apostolato della preghiera. Il
cardinale Sanfelice approvò la «santa unione» e lo stesso fece, il
14 gennaio 1883, il ministro
generale dei Frati Minori, p. Bernardino da Portogruaro.
[...]
Quando
Sanfelice, il 24 agosto 1882, si recò alla Salute, oltre a
ringraziarla per la sua pronta obbedienza,
fece intendere alla fondatrice di essere disposto a concedere, in
segno della sua «cresciuta benevolenza», qualunque cosa avesse
domandato. Questa chiese, per lei e per le consorelle, di potere
emettere i voti perpetui. L’arcivescovo acconsentì, decidendo però
che la prima a farlo fosse stato lei. Per la cerimonia fu scelta la
data del 17 ottobre, festa di S. Margherita Maria Alacoque. La sera
dell’8 di quel mese, assieme ad altre sorelle, «entrò in
solitudine» per prepararsi ai voti. Caruso predicò gli esercizi
spirituali, mentre le Ancelle Aurelia Bonazzi e Concettina Patrizi
espletarono «l’ufficio di Angeli presso le solitarie». Il
noviziato della Madre, per decisione del cardinale, fu ridotto a
soli tre giorni, nei quali depose il suo ufficio, assunto dalla
sorella anziana Cubilla Fasano, per prendere posto tra le novizie.
Sanfelice volle anche che nella cerimonia dei voti, e poi al momento
della morte, la candidate vestissero l’abito bigio delle terziarie
francescane. Caterina interpellò p. Ludovico da Casoria,
commissario del Terz’Ordine, che le scrisse: «Il mio povero cuore
giubila di santo gaudio nel sentire che l’arcivescovo di Napoli
ha avuto l’ispirazione che tu indossi la tonaca bigia […]. Io ti
benedico sempre e mi compiaccio e acconsento che tu e tutte le
Ancelle, terziarie come te, addosiate la tonaca bigia […]. E quello
che più mi consola è che questo abito di penitenza, color di
cenere, lo portiate con voi nella sepoltura. Quanto è bello vedere
Caterina colle sue Ancelle terziarie lassù in Paradiso […].
Bonaventura rappresenta me nella solennità tua. Mandami i confetti:
ne darò due per ciascun povero». Nel giorno stabilito la Madre fu
accompagnata all’altare dalla Fasano e da Rosa Carafa, in
sostituzione dell’inferma assistente delle Oblate. Officiò il rito
il canonico Caruso, assistito da p. Bonaventura Maresca, alla
presenza delle Ancelle e «moltissime Oblate». Nelle ore pomeridiane
fu esposto il Santissimo nell’oratorio e, sopraggiunto
l’arcivescovo, fu impartita la benedizione eucaristica. Pregato di
dire qualche parola, guardando Caterina ancora vestita con l’abito
francescano, «ne restò come stupito, senza profferire parola».
Arrivò anche p. Ludovico per congratularsi con lei; il frate, a dire
di Jetti, scorgendola con la tonaca bigia e con la corda cinta ai
fianchi, esclamò: «Oh! mio Dio, Dio mio, che vedo mai?... Oh!...
Margherita in terra! Margherita Alacoque
è tornata qui!». Sanfelice, nell’atto di congedarsi, chiese alla
Volpicelli di recarsi in episcopio il giorno seguente con indosso
l’abito bigio: cosa che ella fece puntualmente. Appena poi incontrò
il direttore, il presule non si trattenne dall’esternargli una sua
considerazione: «Come continuare, così vestita, le opere a lei
affidate?». La stessa «impressione», fu annotato nel diario di
casa, «ricevettero quasi tutte le sorelle presenti alla sacra
funzione».
[…]
Alle
sue consorelle toccò il pietoso ufficio di comporne le spoglie
mortali sul letto, rivestendole con
l’abito francescano. Nel primo pomeriggio la salma fu posta nella
bara e trasportata in chiesa. Iniziarono le preghiere di suffragio
delle Ancelle e delle suore Bige, che rimasero alla Salute per tutta
la notte. La mattina seguente Ancelle e Piccole Ancelle recitarono
«l’intero uffizio», al quale seguì la messa solenne, celebrata
dal confessore, che si concluse con il canto del «Libera ed
Assoluzione». Intervennero numerosi sacerdoti, furono celebrate 91
messe. A sera, andato via il popolo, l’intera comunità, «ciascuna
colla candela accesa in mano», le orfanelle e le suore Bige
sfilarono davanti al feretro per baciare «il piede e la mano» della
Madre.
Attraverso
la lettura del libro si coglie l’opportunità che la ricerca
storica ed archivistica, svolta da mons.
Illibato intorno alla figura di Caterina Volpicelli e sulla Napoli
dell’ottocento, ha offerto per la ricezione delle istanze proprie
della evoluzione spirituale della protagonista. Una evoluzione che
viene presentata e documentata per l’intero arco della vita di
Caterina e relazionata con le varie età ed eventi significativi per
lo sviluppo della sua personalità di donna di credente e di
fondatrice. Si intuisce, dalla lettura documentata della oggettività
storica, la storia dell’anima di Caterina: dalla inquietudine della
giovanetta che vuole rimanere fedele alla sua vocazione religiosa ed
impegnarsi nella vita sociale, attraverso le sperimentazioni di
affinità, di scelte e di identificazioni con modelli di vita
spirituale esterni durante l’età giovanile e matura, fino
all’assunzione intima, ecclesiale e definitiva, dello schema nuovo
ed autonomo di vita religiosa propostole, per lei e per le sue
consorelle, dal cardinale Sisto Riario Sforza con il nome e la
fondazione delle Ancelle del Sacro Cuore.
Era
nota l’insistenza della fondatrice circa l’opportunità che le
Ancelle non indossassero un abito religioso per avere maggiore
libertà «nell’esercizio del loro apostolato», anche in ambienti
poco o per nulla disposti ad accettare un discorso religioso; e che
praticassero «l’umiltà nel largo operare apostolico, la carità
di famiglia con le Piccole Ancelle, il tener celata la professione
religiosa nelle fogge varie dell’abito secolaresco». Per Caterina
l’abito francescano fu piuttosto un abito di spiritualità e di
umiltà.
Portale delle Ancelle del Sacro Cuore di Santa Caterina Volpicelli
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