Nell’area
atellana della Diocesi di Aversa (“in Atellano” secondo la
dicitura della Ratio Decimarum del XIV secolo), tra Grumo,
Fratta, Cardito, Caivano ed Orta, si individuano le tracce di un
antico e devoto pellegrinaggio svolto verso i luoghi dedicati a
Sant’Antonio da Padova.
Il
cammino si è originato nella seconda metà del ‘500; e dal ‘600
si è geograficamente esteso anche ad Afragola, situata nella Diocesi
di Napoli, divenuta con il Santuario di Sant’Antonio la meta
principale dell’antico pellegrinaggio.
Il
pellegrinaggio si svolgeva soprattutto in primavera, nelle feste
pasquali, e nei tempi legati alle celebrazioni rurali e alle
‘scampagnate’. La meta originaria fu rappresentata dal Convento
dei Frati Cappuccini sorto a Caivano nel 1586.
La
riforma dei Cappuccini sorta nel seno del movimentato francescanesimo
della prima metà del ‘500, mosso tra la ‘osservanza’
antica del modello del Padre serafico Francesco e
la vita ‘conventuale’, retaggio organizzativo dei
francescani, fu caparbiamente motivata da frati come Matteo da Bascio
e Ludovico da Fossombrone; i quali vissero la loro esperienza
nell’area marchigiana, legandola alla itineranza antica, al
servizio agli appestati, e alla influenza eremitica dei Camaldolesi.
Esperienza
eremitica ed attività urbana si intrecciarono poi necessariamente
nella Roma della
fine del ‘500, ove i Cappuccini erano giunti grazie alla protezione
di Caterina Cibo, Duchessa di Camerino nipote del papa Clemente VII,
e ove la loro riforma ormai avviata trovò una sede privilegiata e
riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa. In quell’ambito emersero
figure di cappuccini di grande capacità organizzativa come
Francesco da Jesi e figure di santa semplicità come frate Felice da
Cantalice, santo, che per oltre 40 anni fece la ‘cerca’
per le vie di Roma a nome dei suoi confratelli.
La
mitica e santa origine storica dei Cappuccini, che permise la loro
diffusione in tutta la cristianità dopo circa un quarantennio di
impedimenti anche ufficiali alla loro espansione fuori delle terre
d’Italia, fu accompagnata dall’ammirazione e dall’impegno di
nobili e di popolani; i quali protessero e sostennero il
francescanesimo cappuccino con aiuti ed ospitalità concreti.
Portatori
tra la gente e testimoni di un rinnovato spirito di preghiera, di
penitenza e di missione,
vissuto nelle loro chiese conventuali, volutamente e poveramente
costruite fuori dei borghi e delle città come ritiri di frati e
mete di pellegrini, i frati con il cappuccio e con la barba e le
loro dimore divennero così un punto di riferimento importante nel
panorama della religiosità cattolica post-tridentina.
Questi
originari tratti storici furono gli stessi che motivarono la presenza
dei Cappuccini a Caivano nel corso del ‘500 e che portarono alla
fondazione del locale convento extra urbano (1586). Prima di quella
fondazione i cappuccini predicatori di transito trovarono
un’accoglienza particolare, legata alla ospitalità offerta loro
devotamente da Scipione Miccio, che fu promotore della costruzione
del loro convento in Caivano.
Sicuramente
l’opera dei frati nel paese dovette essere ricca di frutti
spirituali anche per la popolazione che decise ed operò per il loro
stanziamento stabile nel luogo periferico di Caivano che si
incontrava con il territorio di Cardito e di Crispano.
Favorita
dal Comune di Aversa qualche decennio prima (1545) nel territorio
diocesano già si era insediata nella periferia verso Giugliano una
comunità di frati cappuccini, che aveva edificato un conventino
attiguo alla chiesa dedicata a Santa Giuliana.
L’espansione
dei cappuccini sul territorio diocesano fu ben vista anche dal
francescano papa Sisto V, il quale ad un anno dalla fondazione del
convento di Caivano autorizzò nel 1587 con un suo breve la
ricostruzione e l’ingrandimento di quello già esistente nel
territorio di Aversa.
Il
convento di Caivano fu costruito accanto ad una chiesetta già
esistente, dedicata allo Spirito Santo, ricostruita e rimaneggiata
per l’occasione dai frati.
Un
interessante documento, ricavato dall’archivio parrocchiale
di San Sossio in Frattamaggiore, ci rimanda l’importante
collocazione del convento cappuccino caivanese assunta nei suoi primi
anni di vita nel panorama devozionale del territorio.
Le
genti e i fedeli di quel tempo, infatti, lo predilessero subito come
una delle mete fondamentali del pellegrinaggio locale:
+
EODEM DIE (XXI d’aprile 1596 domenica d’alba) ET AD
FUTURAM REI MEMORIAM
Nota
come hoggi predetto dì 21 d’Aprile 1596, domenica d’alba fecimo
una processione Sollenda con tutti li misterii della passione di
Cristo, e con tutti li misterii della concettione Santissima, e con
la charità; et andaimo a Santa Eufemia, e depoi al casale di
Cardito, et appresso alla chiesa delli Scappuccini di Caivano, e
depoi al casale di Fratta piccola, e depoi ce ne ritornaimo con un
bellissimo tempo, senza romore, ma tutti allegramente et quanti; e se
vedero tutti li uomini di Fratta magiore, e tutte le donne cite, et
maritate et vidue, che fo una vista bellissima; e la processione andò
bene ordinata videlicet con tutti li misterii andavano prima, e
depoi quaranta homini a dui a dui con le intorgie; et depoi lo
crucifisso di Santa Maria della Gratia con li giovani vestiti e depoi
lo crucifisso del Rosario con tutti li confrati vestiti, et depoi
la ...
Probabilmente
per quell’antica processione di frattesi, svoltasi nella Domenica
di Pasqua del 1596 tra i casali circostanti, il convento degli
Scappuccini di Caivano dovette rappresentare la meta principale, sia
per la distanza e sia per le iniziative devozionali e popolari che
ivi si realizzavano. A questo proposito risulta utile la descrizione
data da Gaetano Parente delle attività che proprio nella Domenica
di Pasqua si realizzavano fin dall’antichità intorno all’altro
convento cappuccino della Diocesi:
In
questo luogo, ch’è sito nel limite giurisdizionale di un
territorio tra Aversa e Giugliano, fin dagli antichi tempi
costumavano celebrare, i frati, una grande festa nel dì di Pasqua.
Innanzi al sagrato della chiesa rizzavan di molte baracche, venditori
d’ogni sorta mandorlato o seccumi, accorrendovi in folla
compratori e divoti; così che l’improvvisa fiera o mercato
addiveniva, in quel giorno, occasione di commercio, di spassi, di
perdonanze…
Dai
documenti ecclesiastici si conosce l’affermarsi ed il consolidarsi
della devozione a Sant’Antonio presso il convento di Caivano nel
corso del ‘600, e l’istituzione nel 1661 della festa come santo
titolare.
Il
‘600 fu il secolo durante il quale il pellegrinaggio locale si
arricchì di nuovi mete e luoghi dedicati alla devozione francescana
e in particolare sant’Antonio: il convento dei frati di Grumo
Nevano, la chiesa dell’Annunziata e Sant’Antonio di Fratta, il
convento dei frati di Afragola, gli altari e le edicole innumerevoli
nelle vie del territorio e nelle altre chiese di Fratta
(Sant’Ingenuino e Sant’Antonio), Carditello (San Giuseppe e Santa
Eufemia), ed Afragola (San Marco in Silvis ove esiste una effigie
cinquecentesca di Sant’Antonio).
Il
cammino antico si sviluppò con la devozione del popolo e con
l’impegno di ragguardevoli e nobili signori. Al circuito
cinquecentesco originario si aggiunse il ramo che congiungeva Grumo
con Fratta e Cardito ed il ramo che congiungeva Fratta e Carditello
con Afragola.
La
storia del convento francescano di Grumo iniziò nel 1589 grazie alla
devozione di Carlo Loffredo, signore di Cardito e Monteforte, che
donò ai frati la terra grumese ereditata dalla moglie Vittoria
Brancaccio. L’andirivieni della carrozza del signore tra Cardito e
Grumo aveva una sosta devota ed esemplare nel luogo dell’Arco
a Fratta ove esisteva una edicola della Madonna Annunziata posta sul
residuo medievale dell’acquedotto atellano.
Nella
prima metà del '600 l'edicola fu dedicata anche a Sant'Antonio da
Padova. La chiesa dell’Annunziata
e Sant’Antonio fu edificata intorno
al 1630, epoca del Riscatto.
L'opposizione
all'erezione della chiesa e le altre vessazioni del Patriarca De
Sangro, compratore feudale del Casale di Frattamaggiore, furono la
causa che fece scatenare il movimento popolare che portò alla
'ricompra'
del paese.
In questo movimento si accrebbe la devozione al Santo di
Padova, e i voti popolari che a Lui si rivolgevano per il buon fine
della questione si intrecciarono fortemente con le vicende del
Riscatto,
fino al punto di considerare emblematica la stessa costruzione della
chiesa (de Capassi, Canto V, Ott. 64). Non a caso la piazza dove la
chiesa si eresse fu chiamata
Largo
Riscatto.
Dalla
descrizione della primitiva chiesa operata dallo storico locale
Florindo Ferro si apprende che essa era stata costruita al posto
dell'arco antico sormontato da una "rozza
croce di ferro"
e contenente una edicola con l'immagine della SS. Annunziata alla
quale era stata aggiunto il segno devozionale di Sant'Antonio.
La
dedicazione della nuova chiesa anche a Sant’Antonio fu motivata
evidentemente per
il suo ritrovarsi sul percorso del pellegrinaggio francescano locale
(Grumo-Fratta-Carditello-Afragola). Questo percorso congiungeva la
meta del Convento di San Pasquale e Santa Caterina di Grumo con
quella del Convento
dedicato
al Santo di Padova fondato
nel 1633 dai frati francescani riformati
ad
Afragola. Il percorso attraversava
il Casale di Fratta toccando il sito dell'edicola dell'Arco
e il sito della chiesa campestre di Santa Giuliana; raggiungeva per i
sentieri di campagna il Santuario di Afragola dopo la sosta
devozionale presso la chiesa di Sant'Eufemia
di Carditello e
costeggiando l’Arcopinto
sull’antico sentiero dell’acquedotto.
In
Frattamaggiore un segno importante della devozione e del percorso
antoniano risalente al ‘600 si ritrova anche nella chiesetta
gentilizia
dei Conti Genoino dedicata a Sant’Ingenuino
e a
Sant’Antonio.
In particolare la statua del santo francescano in essa custodita è
oggetto privilegiato della devozione popolare del paese,
richiamandosi
sicuramente alle vicende del Riscatto (1630).
Vicende
che sono
notevolmente significate nella cappella anche dalla presenza della
tomba di Giulio Giangrande, vecchio eroe del tempo che si rifiutò di
pagare le tasse baronali imposte ai portatori di bastone e che, con
il suo gesto, diede il via alla riscossa popolare.
A
questo antico circuito devozionale si legano alcuni tratti
particolari del francescanesimo locale, fortemente caratterizzato
dalla popolarità di Sant’Antonio da Padova e San Pasquale Baylon,
e dalla diffusa religiosità animata da numerose figure di beati e
venerabili (ad es. Beato Modestino di Gesù e Maria).
Il
francescanesimo in Campania fu portato verso il 1215 da frate
Agostino d'Assisi, discepolo di san Francesco, e da allora fu avviata
la “Provincia Terrae Laboris” che abbracciava gran parte
del Regno di Napoli. Nella Diocesi di Aversa si registrano presenze e
segni francescani sicuramente datati al XIV secolo. Nel 1670 la
Provincia francescana di Terra di Lavoro era divisa in Osservante e
Riformata, e fra queste, favorita dal Viceré Don Pietro d'Aragona,
si inserì anche la Custodia di San Pietro d'Alcantara, di
provenienza spagnola e dotata di Costituzioni austere, impegnative e
fortemente ascetiche. Gli Alcantarini presero possesso della Casa di
Santa Lucia al Monte di Napoli e si estesero in tutto il Regno, fino
a Lecce, diffondendo anche la devozione a San Pasquale, altro santo
spagnolo. In Campania essi, incorporando anche i riformati Barbanti,
ebbero, inoltre, anche i conventi di Santa Caterina e San Pasquale di
Grumo Nevano, di San Giambattista di Atripalda, e di Santa Maria
Occorrevole e San Pasquale di Piedimonte Matese. Questi Frati
avviarono una esperienza religiosa all'interno della quale si
formarono Santi come Giovanni Giuseppe della Croce, Maria Francesca
delle Cinque Piaghe, e il Beato Egidio di San Giuseppe. Al tempo
della nascita di padre Modestino (5 Settembre del 1802) e della sua
entrata nella vita francescana (autunno del 1822), i Frati
Alcantarini erano diffusi in più conventi del napoletano e del
casertano, ed erano riusciti a scampare alle leggi punitive
borboniche e alla soppressione napoleonica. Oggi tutti i Francescani
di Terra di Lavoro, da Minturno a Teano, da Roccamonfina a Caserta,
da Piedimonte Matese a Pietramelara, da Orta di Atella a Grumo
Nevano, da Afragola a Somma Vesuviana, da Napoli a Torre, sono
riuniti nella Provincia del SS. Cuore di Gesù, istituita nel 1942.
Ancora
oggi, in questa nostra terra, la devozione pellegrina per
Sant’Antonio, Dottore Evangelico, e miracoloso frate della
prima ora, appare particolarmente rappresentativa sia delle
ispirazioni di San Francesco d’Assisi e sia delle aspettative della
preghiera dei fedeli e della festa religiosa popolare.
Fonti in:
Archivio Storico Frattese
Archivio Storico Diocesano di Aversa
Archivio Parrocchiale di San Sossio
Archivio Rassegna Storica dei Comuni (Istituto di Studi Atellani)
Interessante. Da rileggere...
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