Questo
scritto è dedicato a San Rocco pellegrino per una lettura della sua
vita e del suo culto nella prospettiva francescana. San Rocco,
secondo le fonti ecclesiali, aderì giovanissimo al Terz’Ordine di
San Francesco, ed il titolo che ho scelto lo si legge in un
Leggendario Francescano del 1689. Si tratta quindi di una tradizione
antichissima fondata su una Bolla papale (“Cum a nobis”
del 1547 di papa Paolo III che fa riferimento a date ancora più
antiche), che ha avuto riflessi anche sulle fonti agiografiche locali
frattesi dell’800 (Vita di San Rocco scritta da Fra Giuseppe
Arcangelo di Frattamaggiore nel 1837) e del '900 (Vita di San Rocco
scritta da Nicola Capasso per Il Pellegrino a partire dal
1924). La chiesa dedicata al Santo in Frattamaggiore porta il segno
francescano di San Rocco fin dalla sua fondazione, con la scelta
dell’icona antica affrescata dal Vetri nella lunetta della facciata che
ritrae il Santo con l’abito del frate sotto il mantello, e ancora
recentemente con la collocazione della statua di San Francesco in
alto sulla stessa facciata.
LE
FONTI
Nel
capitolo del LEGGENDARIO FRANCESCANO dedicato ai santi celebrati A
di 16 Agosto, e in particolare nella Vita di San Rocco del
Terz’Ordine Nostro si legge:
Il
glorioso San Rocco del Terzo Ordine del Padre San Francesco, &
Avvocato contro la peste, nacque in Mompolieri nella Provincia di
Linguadoca della Francia, l’anno del Signore, 1285, suo Padre si
chiamò Giovanni, e la Madre Libera persone illustri, Signori di
detta Città, & altri luoghi […] Pervenuto all’anno
duodecimo, o secondo altri più probabilmente dicono, al ventesimo
rimase senza Padre, e Madre, onde distribuì tutti i denari, e
l’avere dell’amplissimo patrimonio lasciatogli, a’ poveri, e
necessitosi. Nè sodisfatto d’essersi spogliato de’ beni mobili,
bramando staccarsi in tutto da qualsivoglia cosa terrena, e non
potendo privarsi del dominio de’ feudi, determinò da quello
dilungarsi. Raccomandò ad un suo Zio l’amministrazione della
Città, e Terre, e di quanto a lui apparteneva di stabile, e
vestitosi l’abito di Penitente del Terz’Ordine, del Nostro Padre
San Francesco, con un bordone, & a piedi, come povero Penitente
lasciò la Patria, i parenti, gl’amici, spreggiò tutti i fasti, e
grandezze del secolo, dalla Francia si mise in pellegrinaggio per
l’Italia. (p. 489)
Nella
Vita
di S. Rocco
scritta nel 1837 dal frattese Frate Giuseppe Arcangelo si legge:
Avea
Rocco in altissima stima, e venerazione la Città di Roma, come
Capitale del Mondo Cattolico, e Sede del Romano Pontefice Capo della
Chiesa, e ricca di tanti Santuarìi, e monumenti preziosi, ed
ammirabili della nostra santa Religione; sicché il suo disegno nell’
abbandonare la Patria, ed imprendere un pellegrinaggio virtuoso, fu
quello di portarsi a Roma per visitare i Luoghi Santi, per arricchire
l’anima sua di que’ tanti Preziosi, e ricchi spirituali tesori di
S. Indulgenze Plenarie, che da più Sommi Pontefici erano state
concesse a tutti quelli, che avrebbero fatto tali visite colle dovute
disposizioni. Deposti perciò gli abiti decenti del suo stato, vesti
l’abito de’ Fratelli del terz’ Ordine de’ Penitenti istituito
dal Serafico Padre S. Francesco; si compose in tutto da Pellegrino, e
cosi mal’ in arnese, e senza un decente viatico, nascostamente, e
da sconosciuto abbandona la Patria, i parenti, gli amici, e tutti, e
verso l’Italia indirizza il suo cammino. Può immaginarsi ogniuno
quanto difficoltoso, ed incomodo dovesse riuscire a Rocco un tal
pellegrinaggio, e quale esercizio di virtù, di umiltà in
particolare, di mortificazione, di pazienza costargli; in quel tempo
specialmente, in cui in molte
Città dell’ Italia, per le quali dovea necessariamente passare,
dominava una fierissima Peste, che strage faceva; e la morte
inesorabile con l’affilata sua falce a fasci meteva le vite. (p.
27)
Un
eccezionale agiografo di San Rocco fu Mons. Nicola Capasso, prima
parroco della chiesa frattese dedicata ala Santo e poi vescovo di
Acerra. Egli si servì di molte fonti per la vita del Santo e dalle
pagine di Il Pellegrino del 1924, giornale parrocchiale da lui
diretto, leggiamo brani relativi a San Rocco terziario francescano:
Frequentò
con assiduità le pubbliche scuole della città, alle quali il padre
lo inviò per dargli un’istruzione corrispondente al suo stato.
Montpellier a quel tempo (sec. XIV) aveva, come si è detto, scuole
di medicina, di scienze e di lettere molto famose in Europa; e però
da ogni parte accorreva una folla di giovani per completarvi gli
studi [...] Il tempo che gli avanzava dalle scuole, lo spendeva sotto
le volte gotiche della chiesa di San Firmino, ora a fare da guida e
interprete ai pellegrini, ora a soccorrere i poverelli. Vi era allora
a Montpellier, un convento di Francescani, dove si conservava una
preziosa reliquia, una spina della santa corona. S. Rocco, stretta
amicizia con quei buoni frati, si tratteneva spesso nel loro
santuario, s’infervorava nel servizio di Dio con le loro
conversazioni, e manifestava spesso il desiderio di seguire il
Signore per una via più perfetta. I frati ammiravano le buone
disposizioni del giovanetto, e lo ascrissero nel Terzo Ordine
Francescano. Così San Rocco s’avanzava a passi di gigante nella
via della perfezione.
Propongo
ora di seguito una sintesi di testi da me scritti in varie occasioni
per le celebrazioni di San Rocco a Frattamaggiore negli anni scorsi.
LA VITA
San
Rocco è un santo del Medioevo, e la sua figura può essere compresa
tra i contrasti di quell'epoca storica. Sulla sua storia personale
non esistono cronache datate e resoconti precisi. Esistono degli
'ACTA' antichi anonimi, detti 'ACTA BELFORTIANI' o 'ACTA
BREVIORA', trovati dai BOLLANDISTI tra i manoscritti del monastero
dei Betlemiti presso Lovanio e ricostruiti con un manoscritto dei
Padri Celestini di Parigi. Gli specialisti fanno risalire la stesura
di questi 'ACTA' ai primi decenni del XV secolo. Con il racconto
della vicenda principale in essi contenuti, gli ACTA BREVIORA
sembrano rimandare ad avvenimenti verificatisi intorno al
1350 e collegati con la epidemia di peste nera che per circa
un decennio, funestò l'Italia e l'Europa.
Tutti
gli autori successivi si rifecero agli 'ACTA' anonimi; e
vi aggiunsero solo poche informazioni che riguardarono la
vicenda terrena di San Rocco, inquadrata in una epoca determinata con
date più o meno attentibili, e la vicenda gloriosa del Santo,
del quale si cercò di seguire la storia postuma e la diffusione
delle sue reliquie nelle varie città d'Italia, di Francia e
d'Europa.
Le
storie antiche della vita di San Rocco, gli 'ACTA
BREVIORA' anonimi del XV secolo e la 'VITA S. ROCHI' di F.
Diedo, posero in risalto la nobiltà dei natali e la miracolosità
della nascita del Santo. Egli nacque da Giovanni, signore di
Montpellier, e da Libera, donna altrettanto nobile e
devotissima. La nascita del santo, similmente a quella di
Giovanni il Battista fu ritenuta miracolosa e segnata dalla volontà
divina con una croce impressa sulla sua cute la quale
fu interpretata come simbolo della sua consacrazione a Cristo.
Egli
fu educato alla bontà e alla pietà, e fu per lui modello di vita la
santità di un altro nobile francese dell'epoca: Ludovico d'Angiò,
giovanissimo Vescovo di Tolosa, il quale rinunciò al Regno di Napoli
per la sequela di Cristo. Come questo santo principe che volle
indossare l'abito della povertà francescana, lo stesso nobile Rocco,
come si legge nella bolla “Cum a nobis” del 1547 di papa Paolo
III, volle aderire all'ordine dei Frati di San Francesco
d'Assisi, facendosi Terziario.
Rocco
fu aduso al digiuno già in tenera età e, adolescente, praticò le
virtù e la penitenza cristiane. Il passaggio di tantissimi
pellegrini per la sua città, posta sulla Via per Santiago
di Compostela, colpì la sua giovane mentalità; e lo affascinò
al punto che egli stesso si predisponeva al pellegrinaggio
a Roma, in Terra Santa e verso gli altri luoghi della cristianità
medievale, come San Michele al Gargano e San Matteo a Salerno.
Ancora
adolescente egli raccolse le ultime volontà del padre che gli
propose di usare cristianamente i beni che riceveva. Dopo la morte
della madre, avvenuta qualche anno dopo, Rocco rimase solo a gestire
i suoi beni, che destinò alla consolazione dei poveri, delle vedove,
degli orfani. Si ritrovò che aveva praticamente dispensato tutti i
suoi beni. E non gli rimaneva altro che il suo desiderio di
andare pellegrino. E giovanissimo, con l’animo francescano, egli
indossò l'abito del viandante; prese il bacolo, mise il
cappellaccio e il manto conghigliato, e si avviò verso Roma.
Dopo
qualche tempo, lasciandosi alle spalle la Liguria, egli si incamminò
per la Toscana, percorrendo la Cassia, attraverso Lucca e Siena.
Giunse nello Stato Pontificio, ad Acquapendente, nel territorio
della città papale di Viterbo, a ridosso del lago di Bolsena;
all'incrocio della strada per l'Umbria che partiva da Orvieto.
Lo
avevano affascinato le colline e i paesaggi, le rocche e le
badie che incontrava sul suo cammino; i monasteri e i rifugi di
campagna che lo ospitavano.
Ad
Acquapendente lo raggiunse la notizia che la peste si andava
diffondendo in maniera durissima, colpendo i giovani più forti e
mietendo vittime in ogni contrada. Allora egli chiese, mosso dalla
carità di Dio, al responsabile dell'ospedale di quella cittadina, un
certo Vincenzo, di poter servire volontario gli ammalati e i
derelitti; e devotamente si mise a curare i malati, nel nome e nel
segno di Cristo; ricevendone gratitudine e riconoscenza.
Le
vicende dell'epidemia gli impedirono, per qualche tempo, di
raggiungere Roma; ed egli, riscoprendosi poteri taumaturgici ed
avvertendoli come volontà divina, si avviò verso i luoghi dove il
morbo infieriva, cercando di portare sollievo e guarigioni. Si trovò
così, il santo giovane, a percorrere la strada appenninica
verso il Nord, dove raggiunse la città di Cesena; e li contribuì a
liberarla dalla peste.
Dopo qualche tempo egli fu a Roma, ospite
del Cardinale d'Angera. Anche a questo cardinale egli
ebbe opportunità di mostrare i suoi poteri taumaturgici; liberandolo
dal morbo con l'impressione di un segno di croce sulla fronte.
Riconoscente,
ma anche infastidito dal segno che permaneva sulla sua fronte secondo
quando dice la cronaca antica, il Cardinale ospitò il santo per
qualche anno nel suo palazzo; e gli fece conoscere il Pontefice, il
quale di sua mano lo benedisse e gli concesse l'indulgenza plenaria
del pellegrino di San Pietro e di San Paolo. Alla morte del
Cardinale, Rocco lasciò Roma, dopo avervi vissuto per circa
tre anni; e si avviò al Nord per la Flaminia, visitando Assisi e i
luoghi francescani dell'Umbria. A Rimini egli si fermò ancora per
qualche tempo, perché la peste continuava
ad infierire; offrendo la sua opera e guarendo molti appestati.
Percorrendo poi l'Emilia, egli attraversò città e
campagne, dirigendosi verso Piacenza, Pavia e Milano. La cronaca
antica, dopo Rimini, lo segnalò a Novara, altra città funestata
dalla peste più grave. Rocco si recò poi a Piacenza, città ancora
invasa dalla malattia; e là egli si prodigò nell'ospedale, nei
lazzaretti e nelle case della gente, benedicendo e curando gli
ammalati con il segno della croce e con interventi igienici.
Fu
a Piacenza che Rocco ebbe il sentore dell'Angelo che gli
preannunciava che la peste avrebbe colpito anche lui: le infezioni
alla sua gamba si estesero in maniera dolorosa e lo privarono
del sonno e lo costrinsero al gemito e al pianto. Di notte,
così, egli abbandonò l'ospedale e si recò in una selva
fuori della città.
La
peste di Rocco, nel disegno divino, doveva avere valore di sofferenza
offerta per la liberazione di tutti; ed in questa prospettiva Rocco
si costruì un luogo appartato con le frasche ove miracolosamente
sgorgò una fonte di acqua pura.
Nella
stessa selva si trovavano la villa rurale e le proprietà del nobile
Gottardo. Alla tavola di questo nobile, ogni tanto, un suo cane
'venatico' sottraeva del pane e lo portava al santo eremita Rocco.
Questo comportamento dell'animale incuriosì Gottardo, che volle
seguire il cane; e scoprì la capanna di san Rocco che ivi giaceva
affetto dalla peste. Il rispetto e l'amicizia reciproca furono subito
i sentimenti che emersero tra i due uomini. Gottardo vide nel
comportamento del cane un segno divino, e volle aiutare il santo.
Vicino a Rocco Gottardo si convinse ad abbracciare la povertà
e ad andare elemosinando per Piacenza, dove era molto conosciuto,
tra lo scherno generale. La peste si riaccese violenta in
città, e Rocco fu costretto a lasciare il suo eremo per portare
conforto e cura agli appestati. La sua presenza in città mitigò
miracolosamente le brutte manifestazioni del male; e i piacentini
riconoscenti vollero onorare Rocco nel bosco, condividendone la vita
e ascoltandone l'insegnamento. Durante una notte, Gottardo ascoltò
la voce dell'Angelo che annunziava a Rocco la fine della sua
malattia; e riferì la cosa al Santo; il quale effettivamente
guarì e, ringraziando il Signore, riprese la via del ritorno
verso la Francia. Da Piacenza, Rocco, seguendo la via ripense del Po
e del Ticino,
si portò ad Angera; città di cui teneva il titolo il suo vecchio
amico Cardinale, e la quale era dominio di un suo zio. In questa
città, situata sulla riva del lago Maggiore, erano in
corso scontri bellici; e Rocco, scambiato per nemico,
fu imprigionato; e là rimase in cella per cinque anni, senza
avere occasione di manifestare la sua nobile identità. Il malinteso
fu risolto alla sua morte; quando segni di luce misteriosa nella
cella testimoniavano la sua innocenza e la sua sofferenza accettata
per amore di Dio.
In fin di vita, Rocco chiese un
sacerdote per confessarsi; e chiese alle guardie di non
essere accudito per tre giorni. Una rivelazione dell'Angelo manifestò
poi a Rocco che una sua preghiera sarebbe stata accolta e soddisfatta
dallo stesso Signore. Ed egli chiese di essere patrono
nella peste e di aiutare tutti quelli che,
patendo dei pericoli di questo morbo, si fossero rivolti
a Dio e al suo patrocinio. La notizia dei fenomeni miracolosi nella
cella di Rocco si diffuse e giunse al signore della città; la madre
del quale, dalla tavoletta d'oro con l'impressione del nome del Santo
miracolosamente ritrovata sotto la sua testa
e dal segno della croce impresso sul petto, riconobbe nel santo
pellegrino il nipote del figlio e ricordò che il padre di
Rocco era stato fratello germano del signore di Angera. Alla
sepoltura gli abitanti di Angera parteciparono commossi; e al
pellegrino, ritenendolo già santo, innalzarono una grande Chiesa.
IL CULTO
Un
antico filone della storia agiografica di San Rocco ne segnala la
nascita al 1295 e la morte al 1327. Altri filoni più recenti, sulla
base di ragionamenti sui contenuti dei primi ACTA anonimi del
XV secolo, segnalano date diverse.
La
diffusione del culto di San Rocco nella Cristianità ha seguito
diversi schemi. Un primo schema di sviluppo spontaneo della devozione
fu quello attuatosi subito dopo la morte del Santo
nei paesi dell'Italia settentrionale e della Francia
meridionale che furono testimoni del suo passaggio e
del suo impegno a favore degli appestati.
La
peste in Europa infierì per circa un decennio a partire dal 1347,
epoca dell'inizio della 'guerra dei 100 anni' tra Francia ed
Inghilterra.
In
quel contesto storico sembra che il giovane Rocco abbia svolto la sua
attività di pellegrino e di taumaturgo in Italia.
Montpellier,
la città natale, Angera, la città della morte, Piacenza, Cesena,
Acquapendente ed altre città subito onorarono il Santo con cappelle,
luoghi ed organizzazioni devozionali. Venezia riuscì ad avere la
maggiore reliquia del Santo nel 1485, e l'antica Confraternita della
SCUOLA GRANDE DI S.ROCCO divenne il principale faro del culto
rocchiano in Italia e nel mondo.
Lo
schema più probabile della diffusione del culto del Santo appare
comunque quello realizzatosi a partire dal Concilio di Costanza
(1414). Con questo schema, nel verificarsi delle
epidemie, si ricorreva alla efficace protezione di
San Sebastiano e di San Rocco, il quale, da quel tempo, incominciò
ad essere invocato e presente con il suo patrocinio nei vari luoghi
d'Europa.
I
Francescani, come d’altra parte i Minimi i Trinitari e i
Domenicani, ebbero un culto privilegiato per San Rocco appartenente
al Terz’Ordine favorito da pontefici francescani che ne
consentirono la vasta diffusione e celebrazione che fu poi sancita ne
1594 da Gregorio XIII con la canonizzazione e l’stituzione della
Festa al 16 Agosto.
Ad
Aversa la costituzione di una Confraternita intitolata al Santo e la
costruzione di una chiesa a lui dedicata vengono fatte risalire dagli
storici locali al tempo della peste del 1526. Per questa città,
comunque, e per qualche altra dell'entroterra napoletano, come
Frattamaggiore, la nascita del culto rocchiano, su base documentata,
sembra risalire ad un periodo precedente, al 1493;
epoca di una epidemia pestilenziale a Napoli. In quell'epoca la Corte
aragonese la Vicaria e la Sommaria si trasferirono ad Aversa, a
Frattamaggiore e a Nola; ed il ricorso al Santo
protettore in questi luoghi fu quasi naturale.
Un
ulteriore schema molto probabile di diffusione del culto di San
Rocco è quello legato ai luoghi del suo personale pellegrinaggio e
ai luoghi del pellegrinaggio cristiano in generale. Tutte le vie
del pellegrinaggio antico, la Tratta Francigena, la
via di Santiago e la via di Roma sono, infatti, piene del segno
di S.Rocco.
In
questo ultimo tipo di diffusione devozionale si riscontrano
significati molto vicini alle istanze contemporanee
della ricerca di Dio; e a quelle della moderna gioventù itinerante e
proiettata nell'assoluto
religioso.
Il
patrocinio del Santo appare ancora oggi proponibile e rispondente
alle tematiche morali e sanitarie legate ai pericoli delle
contaminazioni e delle malattie contagiose che affliggono l'umanità.
In
questi sensi San Rocco è ancora un santo attuale e giovane, anche se
legato alla più inveterata tradizione devozionale e taumaturgica. A
questo proposito leggiamo ancora l’esortazione di Mons. Capasso
dalla fonte del 1924 :
Imparino
i fanciulli e i giovani da S. Rocco, come debbono passare i più
belli anni della loro vita. Si suol dire che la gioventù deve
divertirsi; e così si consuma l’età più preziosa in passatempi e
vizi, ruinandosi l’anima e il corpo. S. Rocco, invece tutto intento
allo studio e alle opere di religione, c’insegna che dobbiamo
consacrare a Dio le primizie dei nostri anni, dobbiamo in questo
tempo, acquistare le abitudini del lavoro e delle virtù cristiane,
perché come dice lo Spirito Santo “il giovanetto, dopo che ha
acquistato le sue abitudini, anche se si fa vecchio, non le smetterà
più” (Prov XXII, 6).
Fonti iconografiche: Fototeca della Parrocchia San Rocco in Frattamaggiore
Polittico di San Rocco di A. Gandino - ca. 1590
Interessante. Da rileggere...
RispondiElimina