domenica 26 luglio 2015

Il Perdono di Assisi

Le Fonti Francescane (FF 3391-3397) narrano che una notte del 1216 a san Francesco che stava in preghiera presso la Porziuncola apparvero in una grande luce sopra l'altare Gesù e la Madonna circondati da una moltitudine di Angeli.
Gli chiesero che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: “Ti prego che tutti coloro che, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, ottengano ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.
Il Signore gli disse: “Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”.
Francesco si recò subito dal Papa Onorio III che lo ascoltò con attenzione e dette la sua approvazione. Il Papa gli chiese: “Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?”, ed il Santo rispose: “Padre Santo, non domando anni, ma anime”. Il 2 agosto 1216, insieme con i Vescovi dell’Umbria, San Francesco annunciò ai fedeli giunti alla Porziuncola: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.
Da quell'anno il 2 Agosto si celebra la “Festa del Perdono” a Santa Maria degli Angeli. Il Perdono si estende a tutte le Parrocchie e alla Chiese francescane, E' concessa l'indulgenza a chi si comunica, si confessa e prega per il Papa.


DAL MEZZOGIORNO DEL 1° AGOSTO ALLA MEZZANOTTE DEL GIORNO SEGUENTE SI PUO' OTTENERE UNA SOLA VOLTA L'INDULGENZA PLENARIA DELLA PORZIUNCOLA



Il Perdono della Porziuncola nel racconto di Benedetto XVI
(Da: J. Ratzinger, Il perdono di Assisi, ed. Porziuncola 2005)

Nel terzo anno dalla sua conversione Francesco si imbatté in questa piccola chiesa, ormai del tutto cadente, la chiesetta della Porziuncola dedicata a Santa Maria degli Angeli, in cui egli venerava la Madre di ogni bontà. Lo stato di abbandono in cui si trovava dovette parergli un triste segno della condizione della Chiesa stessa; egli ancora non sapeva che, restaurando quegli edifici, si stava preparando a rinnovare la Chiesa vivente. Ma proprio in questa cappella gli si fece incontro la chiamata definitiva, che diede alla sua missione la sua vera forma e permise la nascita dell’Ordine dei Frati Minori, all’inizio pensato come un movimento di evangelizzazione che doveva raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il ritorno del Signore.
La Porziuncola era divenuta per Francesco il luogo dove finalmente aveva compreso il Vangelo. Si era infatti accorto che non si trattava di parole del passato, ma di un appello che si rivolgeva direttamente ed esplicitamente a lui come persona.
La Porziuncola è anzitutto un luogo, ma grazie a Francesco d’Assisi è divenuto una realtà dello spirito e della fede, che proprio qui si fa sensibile e diventa un luogo concreto in cui possiamo entrare, ma grazie al quale possiamo anche accedere alla storia della fede e alla sua forza sempre efficace. Che poi la Porziuncola non ci ricordi solo grandi storie di conversione del passato, non rappresenti solo una semplice idea, ma riesca ancora ad accostarci al legame vivente di penitenza e di grazia, ciò dipende dal cosiddetto “Perdono d’Assisi”, che più propriamente dovremmo chiamare “Perdono della Porziuncola”. Qual è il suo vero significato? Secondo una tradizione che sicuramente risale almeno alla fine del secolo XIII, Francesco nel luglio del 1216 avrebbe fatto visita nella vicina Perugia al papa Onorio III, subito dopo la sua elezione, e gli avrebbe sottoposto una richiesta inusuale: chiese al pontefice di concedere l’Indulgenza plenaria per tutta la loro vita precedente a tutti coloro che si fossero recati nella chiesetta della Porziuncola, confessandosi e facendo penitenza dei propri peccati
[...]
Francesco, che aveva scoperto i poveri e la povertà, nella sua richiesta era spinto dalla sollecitudine per quelle persone a cui mancavano i mezzi o le forze per un pellegrinaggio in Terra Santa; coloro che non potevano dare nulla, se non la loro fede, la loro preghiera, la loro disponibilità a vivere secondo il Vangelo la propria condizione di povertà. In questo senso l’Indulgenza della Porziuncola e la penitenza di coloro che sono tribolati, che la vita stessa carica già di una penitenza sufficiente. Senza dubbio a ciò si legava anche un’interiorizzazione del concetto stesso di penitenza, sebbene non mancasse certamente la necessaria espressione sensibile dal momento che implicava comunque il pellegrinaggio al semplice e umile luogo della Porziuncola, che allo stesso tempo doveva essere un incontro con la radicalità del Vangelo, come Francesco l’aveva appresa proprio in quel posto.
[...]
Dopo la concessione di questa particolare Indulgenza si arrivò ben presto a un passo ulteriore. Proprio le persone umili e di fede semplice finirono per chiedersi: perché solo per me stesso? Non posso forse comunicare anche ad altri quel che mi è stato dato in ambito spirituale, come avviene in ambito materiale? Il pensiero si rivolgeva soprattutto alle povere anime, a coloro che nella vita erano stati loro vicini, che li avevano preceduti nell’altro mondo e il cui destino non poteva essere loro indifferente.
[...]
Così la Porziuncola e l’Indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. 



Ispirazioni francescane della Laudato si' di Papa Francesco

Per delineare i contenuti e le proposte della Enciclica sulla cura della casa comune, la Laudato si' emanata il giorno di Pentecoste del 2015, Papa Francesco ha voluto evidenziare le ispirazioni francescane che lo hanno accompagnato nella formulazione e negli orientamenti spirituali del documento. Dallo spunto introduttivo alla preghiera conclusiva Papa Francesco ha parafrasato ed amplificato nella sua Enciclica il significato e la sapienza, il sentimento religioso ed il dovere etico, della fraternità universale cantata dal Santo di Assisi nella sua lode al Signore per il dono della terra e della creazione intera.
Il quadro di analisi e di approfondimento predisposto dal Papa per delineare la sua proposta della Ecologia Integrale, porta il segno della spiritualità francescana. Un segno di cui egli si serve come ausilio per stimolare a livello mondiale il Dialogo, la Politica, la Giustizia e l'Educazione, sulla salvaguardia dell'Ambiente e sulla Cura della Casa Comune, della Vita e della Terra, per il bene delle generazioni future e della storia umana vissuta nel senso della benedizione di Dio.
Riporto dalla Laudato si' i testi in cui il Santo Padre fa espresso riferimento a San Francesco d'Assisi e le due preghiere con cui egli conclude la sua Enciclica.

Giotto: Predica agli Uccelli - Assisi Basilica s.
1. «Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».
2. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.

San Francesco d’Assisi
10. Non voglio procedere in questa Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante. Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. E’ il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore.
11. La sua testimonianza ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione». La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, «considerando che tutte le cose hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella». Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.
12. D’altra parte, san Francesco, fedele alla Scrittura, ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà: «Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore» (Sap 13,5) e «la sua eterna potenza e divinità vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (Rm 1,20). Per questo chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza. Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode.

Il mio appello
13. La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi.

246. Dopo questa prolungata riflessione, gioiosa e drammatica insieme, propongo due preghiere, una che possiamo condividere tutti quanti crediamo in un Dio creatore onnipotente, e un’altra affinché noi cristiani sappiamo assumere gli impegni verso il creato che il Vangelo di Gesù ci propone.

Preghiera per la nostra terra
Dio Onnipotente,
che sei presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza 
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura 
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle
senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati 
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.


Preghiera cristiana con il creato
Ti lodiamo, Padre, con tutte le tue creature,
che sono uscite dalla tua mano potente.
Sono tue, e sono colme della tua presenza
e della tua tenerezza.
Laudato si’!

Figlio di Dio, Gesù,
da te sono state create tutte le cose.
Hai preso forma nel seno materno di Maria,
ti sei fatto parte di questa terra,
e hai guardato questo mondo con occhi umani.
Oggi sei vivo in ogni creatura
con la tua gloria di risorto.
Laudato si’!

Spirito Santo, che con la tua luce
orienti questo mondo verso l’amore del Padre
e accompagni il gemito della creazione,
tu pure vivi nei nostri cuori
per spingerci al bene.
Laudato si’!

Signore Dio, Uno e Trino,
comunità stupenda di amore infinito,
insegnaci a contemplarti
nella bellezza dell’universo,
dove tutto ci parla di te.
Risveglia la nostra lode e la nostra gratitudine
per ogni essere che hai creato.
Donaci la grazia di sentirci intimamente uniti
con tutto ciò che esiste.
Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come strumenti del tuo affetto
per tutti gli esseri di questa terra,
perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.
Illumina i padroni del potere e del denaro
perché non cadano nel peccato dell’indifferenza,
amino il bene comune, promuovano i deboli,
e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.
I poveri e la terra stanno gridando:
Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce,
per proteggere ogni vita,
per preparare un futuro migliore,
affinché venga il tuo Regno
di giustizia, di pace, di amore e di bellezza.
Laudato si’!
Amen.


Dato a Roma, presso San Pietro, il 24 maggio, Solennità di Pentecoste, dell’anno 2015, terzo del mio Pontificato.
                                                                                                                Franciscus


venerdì 24 luglio 2015

La memoria del beato Modestino di Gesù e Maria

Caldara - XIX sec. 
Quadro di p. Modestino di Gesù e Maria
A 20 anni dalla beatificazione. Grazie ai numerosi contributi della ricerca agiografica e della varia narrazione della sua vita, si può avere un buon quadro della figura di padre Modestino di Gesù e Maria, francescano frattese vissuto nella prima metà del XIX secolo. Negli anni precedenti e nel periodo della beatificazione si era già consolidata una cospicua produzione letteraria, ed oggi navigando per la rete informatica si possono incontrare portali interessanti e leggere pagine che consentono l'approfondimento ulteriore della conoscenza e della celebrazione del beato. Ci si può imbattere in un portale interamente dedicato della Pro Loco del paese natio, in una scheda su Santi e Beati e su Wikipedia con i principali riferimenti iconografici e bibliografici, in una pagina dedicata sul social-network fb, in Atti di Convegni ed articoli e saggi pubblicati dall'Istituto di Studi Atellani e sulla Rassegna Storica dei Comuni, in tanti altri e spontanei contributi che fanno riferimento alle storie del francescanesimo in Campania. In questi luoghi letterari recenti qualche significativo contributo di ricerca e di narrazione è umilmente dato anche dal sottoscritto.
Ripropongo per Via Francescana qualche tratto della figura del beato Modestino, per condividerlo in occasione della memoria liturgica del 24 luglio, ed in vista del grande evento di religiosità e di devozione che si legherà ad ottobre prossimo con la Translatio del corpo del Beato Modestino dalla Chiesa di Santa Maria della Sanità di Napoli alla Chiesa di Santa Caterina e San Pasquale di Grumo Nevano.

La leggenda popolare. In giro per la città natale, Frattamaggiore, nei luoghi che lo hanno visto presente in vita, dopo la sua morte e dopo l'avvio a Roma, alla fine dell'800, del lungo processo di beatificazione, di Padre Modestino di Gesù e Maria era rimasto il ricordo popolare, la leggenda umile che si trasmetteva dal nonno al nipote nel racconto fantastico. Si narra, egli era apparso al vecchietto alle prese con un cero da accendere dinanzi all'edicola della Madonna, all'angolo della via del quartiere paesano. L'edicola era posta troppo in alto e il monaco francescano, nel quale il vecchietto riconobbe poi con meraviglia il Beato, si offrì egli di porgere l'omaggio all'effige; e si sollevò levitando fino a raggiungerne l'altezza. "Questo monaco è miracoloso" raccontava il nonno ad un amico mio, mostrandogli il quadretto del Beato compunto davanti al crocifisso al riflesso della teca della Madonna del Buon Consiglio e con l'indice tra le pagine del Salterio.
Di altri incontri incoraggianti e di apparizioni miracolose, di aiuti alla vita nascente e di consolazioni nelle afflizioni, si narra ancora di questo frate, al quale la devozione tributava sicuri onori. Oggi molti ricordano i luoghi dell'infanzia e la casa dei nonni, ritornando al tempo in cui non esistevano le moderne periferie; e ricordano gli unici grandi vani domestici, le suppellettili frammischiate ai letti altissimi e ai mobili ingombranti; e l'altarino casalingo e il comodino con su di essi, tra il lume e il ricordo dei cari e dei santi, il quadretto di Padre Modestino.
Oggi si cerca anche di riscoprire il sito della casa natale, rifusa nell'antico reticolo paesano e che, in forza di un vecchio documento parrocchiale, si può individuare in un luogo della via sorta in epoca aragonese a ridosso della Chiazza 'o Vicario: Via dei Sambuci, o dei Samuci nelle prime menzioni, che attualmente corrisponde a Via Riscatto; una via ricca di storia, di leggende e di edicole votive. Oggi, a qualche anno dalla beatificazione, il processo ufficiale e la letteratura storica hanno recuperato del Beato ormai gli aspetti essenziali della sua vicenda terrena e della sua santità, e si è avviata la ricerca della casistica che configura la sua leggenda popolare e i suoi Fioretti; sulla scia della più genuina tradizione francescana e della relativa aura spirituale ed edificante che non è mai mancata per Padre Modestino nella devozione popolare.
Egli è stato solennemente beatificato il 29 gennaio del 1995 in Piazza San Pietro dal papa beato Giovanni Paolo II, ed è stata splendida festa di Chiesa e di popolo, prima e dopo questa data. L'impegno della Diocesi, la Missione francescana, lo spirito assisano, il fervore delle iniziative, i gruppi sorti, sono divenuti realtà continua, riferimenti culturali e devozionali di forte espressione.
La bibliografia sul Beato ed il prodotto pubblicistico sono diventati abbondanti e qualificanti. Molti autori si sono cimentati nella ricerca e nella ufficializzazione delle loro considerazioni. Celebrazioni e solennità si sono susseguite con enfasi ed umiltà, coinvolgendo le strutture religiose e quelle civili. Il Beato Padre Modestino di Gesù e Maria fa ormai parte del patrimonio locale ed è divenuto un modello irrinunciabile.

Reliquie di padre Modestino
Modello locale della santità francescana. Padre Modestino è entrato nella spiritualità del popolo, rinnovandone aspetti antiquati ed inserendovi fermenti nuovi. Il suo nome viene celebrato, a partire dal 1995, ogni anno al 24 di Luglio, anniversario della sua dipartita terrena e dies natalis nella Comunione dei Santi.
La via francescana alla santità passa anche per la nostra terra, e ne è cosciente l'intera Diocesi di Aversa, la quale celebra in Padre Modestino di Gesù e Maria il primo Beato locale.
La santità non è mai una esperienza isolata: il santo è molte volte l'interprete e l'eroe che dà senso agli sforzi e alle esperienze di molti, in un rapporto di valorizzazione reciproca, nella sperimentazione del sacro e nella testimonianza della presenza di Dio tra gli uomini.
Nello specifico della storia frattese il francescanesimo ha ricevuto molte e notevoli testimonianze: padre Domenico, guardiano cappuccino predicatore e quaresimalista, vissuto tra il XVI e il XVII secolo; padre Pietro, che nel 1738 fu Custode della Provincia Riformata; padre Angelo, che nel 1769 fu Visitatore Generale della Provincia di San Bernardino e degli Abruzzi; padre Giuseppe, altro cappuccino predicatore e quaresimalista morto nel 1782; il venerabile frate Michelangelo di San Francesco (1740-1800), che fu laico professo in odore di santità; padre Angelo (1772-1839), che fu Ministro Provinciale; padre Giuseppe Arcangelo (1775-1846), che fu Ministro Provinciale; padre Giovanni Russo (1831-1924), che fu missionario per 56 anni in Albania; padre Modestino Del Prete (1884-1942); il servo di Dio padre Sossio Del Prete (1885-1952), che fu fondatore delle Piccole Ancelle di Cristo Re; padre Giuseppe Maria De Francesco, agiografo scrittore e bibliotecario; padre Serafino Pezzullo; frate Benigno Vergara...
Fin dall’infanzia il percorso spirituale del beato Modestino di Gesù e Maria si è svolto nel segno tipico della devozione popolare della sua comunità paesana.
La chiesa frattese dell’inizio dell’ 800 ha vissuto importanti esperienze di fede e di storia. Nel Maggio del 1807 furono solennemente traslate nel tempio cittadino le spoglie del martire San Sossio e dell’abate San Severino. La presenza delle reliquie di San Sossio in Frattamaggiore significò il ricongiungimento fisico della città, fondata dai profughi di Miseno nel IX secolo, con il suo santo patrono, il quale della stessa Miseno era stato diacono nel IV secolo.
Il beato padre Modestino, al secolo Domenico Nicola Mazzarella figlio di artigiani funai, aveva circa 5 anni quando vide la via principale riempirsi delle torme festanti, delle processioni popolari, del clero numeroso, del clamore devoto suscitato dalla novità del santo che ritornava alla sua gente.
Giovanissimo, egli visse le auree mistiche della preghiera contemplativa e partecipò alle celebrazioni liturgiche che si svolgevano nel tempio sansossiano. Volle poi, con animo popolare, fare sua la devozione alla Madonna del Buon Consiglio, che in Frattamaggiore era stata istituita dai Prelati di casa Lupoli con un altare nella chiesa dell’Annunziata e con una chiesa gentilizia posta accanto all’Istituto Ritiro retto con la Regola di sant’Alfonso.
L’animo contemplativo e l’animo popolare fecero di lui un vero uomo del sacro e della santità, vicino a Dio del quale divenne umile strumento nella preghiera e nella guida religiosa, e vicino alla gente che aiutò e servì con spirito paterno e nella carità.
Le lotte e le sofferenze sostenute per la sua vocazione furono immani; e santamente egli affrontò l’arduo percorso formativo, totalmente affidato alla Provvidenza di Dio, che lo vide studiare prima nel seminario diocesano, in un clima a lui avverso e pieno di pregiudizi, e poi operare nella rigida diaspora francescana dei conventi alcantarini dell’area campana.
Fu poi il suo un cammino originale, di guida sacerdotale e monastica, nella spiritualità e nelle grandi esperienze epocali della prima metà dell’800 napoletano, che lo portò a riproporre il binomio mistico e popolare della sua religiosità e del suo insegnamento nei rapporti con la gente, con i poveri e con i nobili ricchi, con le gerarchie, con i regnanti e con il papa.
La beatificazione di Padre Modestino di Gesù e Maria, avvenuta nel 1995, ci dona l’icona di un santo sperimentato che, alla fine della sua esistenza, si volle immolare con la preghiera e con la sofferenza personale per la salvezza del popolo napoletano dall’epidemia colerica del 1854.
E’ il riferimento ai canoni della santità universale, quelli che la Chiesa riconosce riconoscendo il segno di Cristo nei suoi santi, che ha portato agli altari il beato Modestino: un sacerdote vissuto nell’ordine di san Francesco d’Assisi e che ha rappresentato il volto santo e popolare della Chiesa nella Napoli della metà del XIX secolo e che fa ancora sperimentare la sua intercessione presso Dio.
Padre Modestino pervenne alla scelta francescana perché la intravide come manifestazione di una vocazione sorta nella povertà e nel servizio di Dio fin dalla fanciullezza.
Modestino di Gesù e Maria: Domenico Nicola Mazzarella scelse questo nome al noviziato francescano di Piedimonte Matese nel 1822 per esprimere l’umiltà e la semplicità della sua persona, per onorare il nome e la memoria di un francescano suo padre spirituale, per esprimere la sua dedizione al Maestro e alla sua Madre Santa, nello spirito del recupero del contesto comunitario che stava all’origine della sua vocazione religiosa.
Il suo motto, apposto su tutte le sue lettere e ricordato in ogni saluto e circostanza di dialogo, recitava con qualche variante introduttiva:
Lodiamo sempre insieme col Figlio la dolce Madre del Buon Consiglio.
Con l’immagine della Madonna del Buon Consiglio, portata in una teca insieme con il crocifisso, egli si recava in ogni casa ed operava ogni benedizione. In questo modo egli portò sempre con sé quella immagine mariana a cui aveva rivolto fin da giovane, nel suo paese, la sua devozione.

Lapide commemorativa nella Basilica Pontificia di San Sossio - Frattamaggiore

Cenni biografici. Ultimo di sei figli del funaio Nicola e della casalinga tessitrice di canapa Teresa Esposito, nacque il 5 settembre 1802 e al fonte battesimale di San Sossio gli fu imposto il nome di Domenico Nicola. Aveva circa 5 anni quando vide la via principale del paese riempirsi delle torme festanti e del clamore suscitato dalla traslazione dei Santi Sossio e Severino dal monastero napoletano alla chiesa patronale frattese. Fu talmente impressionato da quell’evento che iniziò subito a manifestare e a vivere il suo attaccamento per le cose della Chiesa. Partecipò con entusiasmo alla scuola parrocchiale e visitò quotidianamente l’effigie della Madonna del Buon Consiglio. Durante una celebrazione fu notato dal vescovo di Aversa Mons. Agostino Tommasi, in visita alla chiesa frattese, il quale gli propose di entrare in seminario accogliendolo gratuitamente ed impiegandolo come inserviente del Capitolo della Cattedrale. Aveva 16 anni.
Svolse i suoi studi in Seminario con umiltà e zelo, ma contro di lui si andò formando un clima contrastato e pieno di pregiudizi a causa dell’incomprensione di superiori e di seminaristi che continuamente lo emarginavano considerandolo un favorito del vescovo.
Morto il vescovo Tommasi nel 1821, povero di mezzi per continuare a studiare in collegio, egli si ritrovò nel vivere religioso del proprio paese con un impegno personale eccezionale, che aveva del meraviglioso agli occhi della gente. Fu allora che sperimentò la devozione che aveva al centro l'amore per l'effigie della Madonna del Buon Consiglio. Nel 1822 frequentò il convento francescano alcantarino di Grumo Nevano intitolato a Santa Caterina e a San Pasquale. In quel luogo egli sperimentò la guida spirituale di frate Modestino di Gesù e Maria da Ischia, il quale lo avviò alla conoscenza delle glorie francescane. Il giovane maturò così la scelta francescanae, ormai ventenne, fu ammesso al convento di Santa Lucia del Monte con l'interessamento di Carlo Rossi, gentiluomo dell'epoca.

Effige frattese della
Madonna del Buon Consiglio
Il 3 Novembre del 1822 egli iniziò il noviziato di un anno a Santa Maria Occorrevole e San Pasquale di Piedimonte Matese, vestendo l'abito alcantarino e prendendo il nome di Modestino di Gesù e Maria, in onore del suo maestro grumese morto pochi mesi prima e prefigurando i caratteri principali della sua personalità religiosa: testimone di Cristo con l'aiuto di Maria.
Il sacerdozio fu una tappa naturale, dopo aver vissuto con impegno gli ordini minori e il diaconato, e gli fu quasi imposto dal Ministro Generale dell'Ordine, Giovanni da Capistrano, che all'epoca si trovava a Grumo Nevano ed ebbe occasione di conoscerlo. Dopo gli studi di teologia egli fu consacrato il 22 Dicembre del 1827 nella Cattedrale di Aversa dal Vescovo Francesco Saverio Durini; quasi a sottolineare un felice connubio che ancora oggi è giusto rimarcare, tra l'esperienza religiosa parrocchiale-diocesana e quella conventuale, nella formazione della personalità del giovane Modestino.
Si avviò, così, a vivere nella rigida diaspora francescana dei conventi alcantarini dell’area campana. In qualità di frate francescano sacerdote egli operò soprattutto a Napoli, girando per vari Conventi, come quelli di San Francesco e San Pasquale di Marcianise, quello di Portici, per missioni e prediche. Fu Guardiano a San Pasquale di Pignataro e a Mirabella Eclano.
Il suo fu un cammino originale, di guida sacerdotale e monastica, di confessore e predicatore, percorso nella spiritualità e nelle grandi esperienze epocali della prima metà dell’800 napoletano; un cammino che lo portò a riproporre sempre il binomio mistico e popolare della sua religiosità e del suo insegnamento nei rapporti con la gente, con i poveri e con i nobili ricchi, con le gerarchie, con i regnanti e con il papa Pio IX di cui era personale confidente.

Godendo della fiducia del Re di Napoli Ferdinando II che lo ebbe spesso a corte, padre Modestino fu nominato nel 1853 elemosiniere della principessa Gianuaria per beneficare i poveri del regno. Lavorò fino allo stremo per aiutare i napoletani del quartiere della Sanità durante il colera del 1854, contraendo egli stesso il male e morendo in concetto di santità, dopo aver fatto oblazione spirituale della sua vita per il risanamento di Napoli dal morbo.

Virtù e fama. La sua fu una testimonianza squisitamente religiosa, e in questa prospettiva egli dava segni di santità e di impegno sincero, a beneficio di tutti senza esclusione di alcuno.
La vita di padre Modestino è ricca di episodi, di avvenimenti, di fatti miracolosi che vengono raccontati nelle varie storie della sua vita e negli atti del processo di beatificazione. In quei vicoli di Napoli stretti, negli angusti bassi privi di luce e d’aria ove i miseri perivano senza alcuna possibilità di aiuto, Padre Modestino era stato sempre presente, recando l’assistenza che poteva, esortando alla carità, esponendosi ai gravi pericoli di contagio.
Alla notizia della sua morte, avvenuta il 24 Luglio del 1854, accorse il popolo numeroso che, incredulo e speranzoso in un errore, cercava piangente il suo ultimo contatto e devotamente custodiva le immaginette della Madre del Buon Consiglio che egli distribuiva. Per la calca fu necessario l’intervento della forza pubblica e per avere una sua reliquia qualcuno aveva tentato di smantellare anche il suo confessionile.

Santa Caterina - Grumo Nevano
Sepoltura e culto. La sua tomba, precedentemente situata nelle Catacombe di San Gaudioso fino al 1901, fu poi posta nella Cappella accanto all’atrio delle stesse catacombe nella Chiesa di Santa Maria alla Sanità di Napoli. Da questa sede
partirà la translatio del corpo del Beato verso il luogo definitivo dell'Altare dedicatogli dai Francescani nella Chiesa di Santa Caterina e San Pasquale di Grumo Nevano. La comunità ecclesiale della sua città natia, Frattamaggiore, che ha già dedicato una Cappella al Beato nella Basilica di San Sossio, e ove si venera l'effige antica della Madonna del Buon Consiglio a lui cara, vivrà momenti importanti di vicinanza e di venerazione delle reliquie in transito di Padre Modestino.