sabato 8 aprile 2023

Una pagina pasquale

Ultima Cena. Affresco XI sec. S. Angelo in Formis

Gesù andava, in quella primavera del 30, verso Gerusalemme, all'ineludibile incontro tra la storia divina e la storia umana. Quell'ire, tutti insieme gli Evangelisti lo descrissero nella sensazione di un evento importante ed irripetibile, e nei particolari del quotidiano.


Crocifissione di Gesù – Affresco XI sec. Sant’Angelo in Formis



Gesù era cosciente del suo compito e della portata universale del suo agire; e le sue parole divennero pesanti come macigni e come le pietre perfette di un tempio nuovo ed inaudito.
Più che mai, in quelle ultime occasioni, Egli fu legato all'immagine del Padre. E la storia dell'uomo lo sopravanzò nei suoi atti che sembravano prima travolgere il mondo.

Egli era il Figlio del Dio che nella storia aveva voluto manifestare la sua potenza ed il suo amore; Figlio del Dio che alla storia umana riconosceva le sue prerogative e che in essa si inseriva per realizzare il suo progetto di vita, trascendendola.
Gesù si abbandonò alla storia e al Padre; al suo silenzio.

La gloria delle Palme, l'offesa dell'arresto, il ludibrio della condanna, il dolore della Passione, la sua morte umana e terribile sulla Croce; tutto si doveva compiere; per Gesù; per se‚ e per gli uomini; nel momento religioso più alto dell'umanità.
Matteo capì che quella volta a Gerusalemme Gesù avrebbe celebrato l'ultima cena con i suoi discepoli; e forse intuì il senso con cui la storia spirituale di Gesù avrebbe trasceso la storia umana, civile ed anche personale. Gli altri forse non riuscivano ancora ad intuirlo.

Iniziata con un pranzo la sua amicizia con Gesù, all'improvviso questa addiveniva all'ultimo convivio; ed egli lo visse drammaticamente, quasi senza parole.
Descrisse di Gesù solo il gesto eucaristico.
Ma non volle rinunciare a raccontare che, prima di recarsi tutti verso il monte degli ulivi, tutti cantarono i salmi della festa e della speranza.

Matteo fu l'unico a raccogliere anche le motivazioni economiche e l'errore politico di Giuda, che consegnò Gesù alle autorità. A quelle autorità che a Gesù contestarono i crimini dell'usurpazione di titolo, della seduzione del popolo e della bestemmia.
Matteo aveva capito qualcosa di più rispetto agli altri Evangelisti, circa gli esiti di un certo spirito del popolo che sacrificava la purezza della fede al senso pratico.

Gesù aveva parlato del ritorno e della sua risurrezione; e Matteo capì che doveva cogliere aspetti particolari della vicenda in corso.
Come Pietro coraggiosamente e Giovanni, senza timori, sostarono nel cortile del tempio e tra la folla, in attesa delle improbabili possibilità di intervento e poi della soluzione finale; così anche egli rimase coraggiosamente sul luogo, ed assunse un atteggiamento indagatore; e introducendosi tra i meandri del palazzo, riuscì a ghermire notizie e discussioni delle autorità che si tennero fin dopo la morte di Gesù.

Matteo fu l'unico a riportare le preoccupazioni dei sacerdoti del tempio circa la possibilità di una eventuale beffa dei seguaci di Gesù che avrebbero potuto trafugarne il corpo e far credere, così, alla sua risurrezione.
Egli riportò anche la petizione dei sacerdoti a Pilato, per far proteggere il sepolcro:

"Il giorno dopo era sabato. I capi dei sacerdoti e dei farisei andarono insieme da Pilato e gli dissero:
- Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore, quando era vivo ha detto: "Tre giorni dopo che mi avranno ucciso, io risusciterò". Perciò ordina che le guardie sorveglino la tomba fino al terzo giorno, così i suoi discepoli non potranno venire a rubare il corpo e poi dire alla gente:
"E' risuscitato dai morti!"
Altrimenti quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima.
Pilato rispose: - Va bene: prendete le guardie e fate sorvegliare la tomba come vi pare. Essi andarono, assicurarono la chiusura della tomba sigillando la grossa pietra e poi lasciarono le guardie a custodirla." (Mt 27, 62-66)

Ma nonostante tutto Egli risuscitò e rimase ancora un poco con i suoi discepoli.
Matteo, coraggiosamente presente agli eventi ultimi di Gesù, senza preoccuparsi dell'incidenza del fatto sulla fede nella risurrezione, raccontò anche le ultime reazioni delle autorità del tempo:

"Mentre le donne erano in cammino, alcune guardie che sorvegliavano la tomba di Gesù tornarono in città e raccontarono ai capi dei sacerdoti quel che era successo. Allora i capi dei sacerdoti si riunirono insieme con le autorità del popolo e decisero di offrire molti soldi alle guardie dicendo: "Voi dovete dire che sono venuti di notte i suoi discepoli, mentre dormivate, e che l'hanno rubato. Se poi il governatore verrà a saperlo, noi lo convinceremo e faremo in modo che voi non siate puniti". Le guardie presero i soldi e seguirono quelle istruzioni. Perciò questa diceria è diffusa ancor oggi tra gli Ebrei." (Mt 28, 11-15)

Gesù era riapparso in Galilea, ed il luogo di partenza della sua predicazione lo fece divenire quello dei suoi discepoli; i quali, di lì a poco, si portarono in Gerusalemme e diedero inizio formale alla loro predicazione apostolica.


Gesù appare ai Discepoli – Affresco XI sec. Sant’Angelo in Formis



giovedì 30 marzo 2023

Quaresima di San Francesco



Assisi. San Francesco di Cimabue

Con la Regola non bollata (1221) e con la conferma della Regola Bollata (1223), ai suoi frati San Francesco ordinava di vivere con impegno lo spirito della penitenza e del digiuno soprattutto nel tempo che precedeva il Natale e nel tempo che precedeva la Pasqua. Nelle Fonti Francescane si legge: 

Tutti i frati digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima, invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni, quella che il Signore consacrò con il suo santo digiuno, coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati. Ma l'altra, fino alla Resurrezione del Signore, la digiunino. Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Ma in caso di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale (FF 84).

Personalmente San Francesco viveva quotidianamente nello spirito della penitenza, e le quaresime per lui erano più numerose e distribuite nel corso dell’anno. 

Egli viveva in primavera, dalle Ceneri al Giovedì Santo, la Quaresima in preparazione alla Pasqua; in estate viveva due quaresime, una dedicata all’Assunta (da lui salutata “vergine fatta Chiesa” – FF 259) che iniziava nel giorno della festa dei Santi Pietro e Paolo, ed un’altra sulla Verna dedicata all’Arcangelo Michele che iniziava nel giorno dell’Assunta. In inverno poi viveva la quaresima di san Martino in preparazione al Natale. 

In particolare si apprende dalla Leggenda Perugina come Francesco volle istituire per se la quaresima della Verna:

Una volta che Francesco salì all'eremo della Verna, quel luogo così isolato gli piacque talmente, che decise di passare lassù una quaresima in onore di san Michele. Vi era salito prima della festa dell'Assunzione della gloriosa vergine Maria, e contando i giorni da questa festività fino a quella di san Michele, trovò che erano quaranta. Allora disse: «A onore di Dio e della beata Vergine Maria, sua madre e di san Michele, principe degli angeli e delle anime, voglio fare una quaresima quassù» (FF 1649).

E fu proprio in una quaresima dedicata all’Arcangelo, quella dell’estate del 1224, due anni prima della sua morte, che San Francesco ricevette le Sacre Stimmate, a sigillo della sua spirituale imitazione e conformazione a Cristo.

L’umile imitazione di Cristo fu anche la motivazione di una Quaresima vissuta dal Santo nel 1211 sull’isola maggiore del Lago Trasimeno. San Francesco vi giunse dopo alcuni mesi di itineranza e di predicazione a Cortona. 

Quella quaresima è narrata nel capitolo VII dei Fioretti di San Francesco e fu vissuta dal Santo in un digiuno quasi totale, nutrendosi solo con un mezzo pane per scacciare “da sé il veleno della vanagloria”. Leggiamo direttamente dal testo dei Fioretti. 

I FIORETTI DI SAN FRANCESCO D’ASSISI 

CAPITOLO VII
Come santo Francesco fece una Quaresima in un' isola 

del lago di Perugia, dove digiunò quaranta dì e quaranta notti e non mangiò più che un mezzo pane. 

Il verace servo di Cristo santo Francesco, però che in certe cose fu quasi un altro Cristo, dato al mondo per salute della gente, Iddio Padre il volle fare in molti atti conforme e simile al suo figliuolo Gesù Cristo, siccome ci dimostra nel venerabile collegio de' dodici compagni e nel mirabile misterio delle sacrate Istimmate e nel continuato digiuno della santa Quaresima, la qual' egli sl fece in questo modo.

Essendo una volta santo Francesco il dì del carnasciale allato al lago di Perugia, in casa d'un suo divoto col quale era la notte albergato, fu ispirato da Dio ch'egli andasse a fare quella Quaresima in una isola del lago. Di che santo Francesco pregò questo suo divoto, che per amor di Cristo lo portasse colla sua navicella in un'isola del lago dove non abitasse persona, e questo facesse la notte del dl della Cenere, sì che persona non se ne avvedesse. E costui, per l' amore della grande divozione ch' aveva a santo Francesco, sollecitamente adempiette il suo priego e portollo alla detta isola, e santo Francesco non portò seco se non due panetti. Ed essendo giunto nell' isola, e l'amico partendosi per tornare a casa, santo Francesco il pregò caramente che non rivelasse a persona come fosse ivi, ed egli non venisse per lui se non il Giovedì santo. E così si partì colui; e santo Francesco rimase solo. 

E non essendovi nessuna abitazione nella quale si potesse riducere, entrò in una siepe molto folta, la quale molti pruni e arbuscelli aveano acconcio a modo d'uno covacciolo ovvero d'una capannetta; e in questo cotale luogo si puose in orazione e a contemplare le cose celestiali. E ivi stette tutta la Quaresima sanza mangiare e sanza bere, altro che la metà d'uno di quelli panetti, secondo che trovò il suo divoto il Giovedì santo, quando tornò a lui; il quale trovò di due panetti uno intero e mezzo, e l' altro mezzo si crede che santo Francesco mangiasse per reverenza del digiuno di Cristo benedetto, il quale digiunò quaranta dì e quaranta notti sanza pigliare nessuno cibo materiale. E così con quel mezzo pane cacciò da sè il veleno della vanagloria, e ad esempio di Cristo digiunò quaranta dl e quaranta notti. 

Poi in quello luogo, ove santo Francesco avea fatta cosi maravigliosa astinenza, fece Iddio molti miracoli per li suoi meriti; per la qual cosa cominciarono gli uomini a edificarvi delle case e abitarvi, e in poco tempo si fece un castello buono e grande, ed èvvi il luogo de' frati, che si chiama il luogo dell'Isola; e ancora gli uomini e le donne di quello castello hanno grande reverenza e devozione in quello luogo dove santo Francesco fece la detta Quaresima. 

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.


Isola Maggiore Lago Trasimeno. Eremo Francescano