domenica 9 giugno 2019

Un antico cammino francescano in onore di Sant’Antonio


Nell’area atellana della Diocesi di Aversa (“in Atellano” secondo la dicitura della Ratio Decimarum del XIV secolo), tra Grumo, Fratta, Cardito, Caivano ed Orta, si individuano le tracce di un antico e devoto pellegrinaggio svolto verso i luoghi dedicati a Sant’Antonio da Padova.
Il cammino si è originato nella seconda metà del ‘500; e dal ‘600 si è geograficamente esteso anche ad Afragola, situata nella Diocesi di Napoli, divenuta con il Santuario di Sant’Antonio la meta principale dell’antico pellegrinaggio.
Il pellegrinaggio si svolgeva soprattutto in primavera, nelle feste pasquali, e nei tempi legati alle celebrazioni rurali e alle ‘scampagnate’. La meta originaria fu rappresentata dal Convento dei Frati Cappuccini sorto a Caivano nel 1586.

La riforma dei Cappuccini sorta nel seno del movimentato francescanesimo della prima metà del ‘500, mosso tra la ‘osservanza’ antica del modello del Padre serafico Francesco e la vita ‘conventuale’, retaggio organizzativo dei francescani, fu caparbiamente motivata da frati come Matteo da Bascio e Ludovico da Fossombrone; i quali vissero la loro esperienza nell’area marchigiana, legandola alla itineranza antica, al servizio agli appestati, e alla influenza eremitica dei Camaldolesi.
Esperienza eremitica ed attività urbana si intrecciarono poi necessariamente nella Roma della fine del ‘500, ove i Cappuccini erano giunti grazie alla protezione di Caterina Cibo, Duchessa di Camerino nipote del papa Clemente VII, e ove la loro riforma ormai avviata trovò una sede privilegiata e riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa. In quell’ambito emersero figure di cappuccini di grande capacità organizzativa come Francesco da Jesi e figure di santa semplicità come frate Felice da Cantalice, santo, che per oltre 40 anni fece la ‘cerca’ per le vie di Roma a nome dei suoi confratelli.
La mitica e santa origine storica dei Cappuccini, che permise la loro diffusione in tutta la cristianità dopo circa un quarantennio di impedimenti anche ufficiali alla loro espansione fuori delle terre d’Italia, fu accompagnata dall’ammirazione e dall’impegno di nobili e di popolani; i quali protessero e sostennero il francescanesimo cappuccino con aiuti ed ospitalità concreti.
Portatori tra la gente e testimoni di un rinnovato spirito di preghiera, di penitenza e di missione, vissuto nelle loro chiese conventuali, volutamente e poveramente costruite fuori dei borghi e delle città come ritiri di frati e mete di pellegrini, i frati con il cappuccio e con la barba e le loro dimore divennero così un punto di riferimento importante nel panorama della religiosità cattolica post-tridentina.

Questi originari tratti storici furono gli stessi che motivarono la presenza dei Cappuccini a Caivano nel corso del ‘500 e che portarono alla fondazione del locale convento extra urbano (1586). Prima di quella fondazione i cappuccini predicatori di transito trovarono un’accoglienza particolare, legata alla ospitalità offerta loro devotamente da Scipione Miccio, che fu promotore della costruzione del loro convento in Caivano.
Sicuramente l’opera dei frati nel paese dovette essere ricca di frutti spirituali anche per la popolazione che decise ed operò per il loro stanziamento stabile nel luogo periferico di Caivano che si incontrava con il territorio di Cardito e di Crispano.
Favorita dal Comune di Aversa qualche decennio prima (1545) nel territorio diocesano già si era insediata nella periferia verso Giugliano una comunità di frati cappuccini, che aveva edificato un conventino attiguo alla chiesa dedicata a Santa Giuliana.
L’espansione dei cappuccini sul territorio diocesano fu ben vista anche dal francescano papa Sisto V, il quale ad un anno dalla fondazione del convento di Caivano autorizzò nel 1587 con un suo breve la ricostruzione e l’ingrandimento di quello già esistente nel territorio di Aversa.
Il convento di Caivano fu costruito accanto ad una chiesetta già esistente, dedicata allo Spirito Santo, ricostruita e rimaneggiata per l’occasione dai frati.
Un interessante documento, ricavato dall’archivio parrocchiale di San Sossio in Frattamaggiore, ci rimanda l’importante collocazione del convento cappuccino caivanese assunta nei suoi primi anni di vita nel panorama devozionale del territorio.
Le genti e i fedeli di quel tempo, infatti, lo predilessero subito come una delle mete fondamentali del pellegrinaggio locale:

+ EODEM DIE (XXI d’aprile 1596 domenica d’alba) ET AD FUTURAM REI MEMORIAM
Nota come hoggi predetto dì 21 d’Aprile 1596, domenica d’alba fecimo una processione Sollenda con tutti li misterii della passione di Cristo, e con tutti li misterii della concettione Santissima, e con la charità; et andaimo a Santa Eufemia, e depoi al casale di Cardito, et appresso alla chiesa delli Scappuccini di Caivano, e depoi al casale di Fratta piccola, e depoi ce ne ritornaimo con un bellissimo tempo, senza romore, ma tutti allegramente et quanti; e se vedero tutti li uomini di Fratta magiore, e tutte le donne cite, et maritate et vidue, che fo una vista bellissima; e la processione andò bene ordinata videlicet con tutti li misterii andavano prima, e depoi quaranta homini a dui a dui con le intorgie; et depoi lo crucifisso di Santa Maria della Gratia con li giovani vestiti e depoi lo crucifisso del Rosario con tutti li confrati vestiti, et depoi la ...

Probabilmente per quell’antica processione di frattesi, svoltasi nella Domenica di Pasqua del 1596 tra i casali circostanti, il convento degli Scappuccini di Caivano dovette rappresentare la meta principale, sia per la distanza e sia per le iniziative devozionali e popolari che ivi si realizzavano. A questo proposito risulta utile la descrizione data da Gaetano Parente delle attività che proprio nella Domenica di Pasqua si realizzavano fin dall’antichità intorno all’altro convento cappuccino della Diocesi:

In questo luogo, ch’è sito nel limite giurisdizionale di un territorio tra Aversa e Giugliano, fin dagli antichi tempi costumavano celebrare, i frati, una grande festa nel dì di Pasqua. Innanzi al sagrato della chiesa rizzavan di molte baracche, venditori d’ogni sorta mandorlato o seccumi, accorrendovi in folla compratori e divoti; così che l’improvvisa fiera o mercato addiveniva, in quel giorno, occasione di commercio, di spassi, di perdonanze…

Dai documenti ecclesiastici si conosce l’affermarsi ed il consolidarsi della devozione a Sant’Antonio presso il convento di Caivano nel corso del ‘600, e l’istituzione nel 1661 della festa come santo titolare.
Il ‘600 fu il secolo durante il quale il pellegrinaggio locale si arricchì di nuovi mete e luoghi dedicati alla devozione francescana e in particolare sant’Antonio: il convento dei frati di Grumo Nevano, la chiesa dell’Annunziata e Sant’Antonio di Fratta, il convento dei frati di Afragola, gli altari e le edicole innumerevoli nelle vie del territorio e nelle altre chiese di Fratta (Sant’Ingenuino e Sant’Antonio), Carditello (San Giuseppe e Santa Eufemia), ed Afragola (San Marco in Silvis ove esiste una effigie cinquecentesca di Sant’Antonio).


Il cammino antico si sviluppò con la devozione del popolo e con l’impegno di ragguardevoli e nobili signori. Al circuito cinquecentesco originario si aggiunse il ramo che congiungeva Grumo con Fratta e Cardito ed il ramo che congiungeva Fratta e Carditello con Afragola.

La storia del convento francescano di Grumo iniziò nel 1589 grazie alla devozione di Carlo Loffredo, signore di Cardito e Monteforte, che donò ai frati la terra grumese ereditata dalla moglie Vittoria Brancaccio. L’andirivieni della carrozza del signore tra Cardito e Grumo aveva una sosta devota ed esemplare nel luogo dell’Arco a Fratta ove esisteva una edicola della Madonna Annunziata posta sul residuo medievale dell’acquedotto atellano.

Nella prima metà del '600 l'edicola fu dedicata anche a Sant'Antonio da Padova. La chiesa dell’Annunziata e Sant’Antonio fu edificata intorno al 1630, epoca del Riscatto. L'opposizione all'erezione della chiesa e le altre vessazioni del Patriarca De Sangro, compratore feudale del Casale di Frattamaggiore, furono la causa che fece scatenare il movimento popolare che portò alla 'ricompra' del paese. 

In questo movimento si accrebbe la devozione al Santo di Padova, e i voti popolari che a Lui si rivolgevano per il buon fine della questione si intrecciarono fortemente con le vicende del Riscatto, fino al punto di considerare emblematica la stessa costruzione della chiesa (de Capassi, Canto V, Ott. 64). Non a caso la piazza dove la chiesa si eresse fu chiamata Largo Riscatto.

Dalla descrizione della primitiva chiesa operata dallo storico locale Florindo Ferro si apprende che essa era stata costruita al posto dell'arco antico sormontato da una "rozza croce di ferro" e contenente una edicola con l'immagine della SS. Annunziata alla quale era stata aggiunto il segno devozionale di Sant'Antonio. 

La dedicazione della nuova chiesa anche a Sant’Antonio fu motivata evidentemente per il suo ritrovarsi sul percorso del pellegrinaggio francescano locale (Grumo-Fratta-Carditello-Afragola). Questo percorso congiungeva la meta del Convento di San Pasquale e Santa Caterina di Grumo con quella del Convento dedicato al Santo di Padova fondato nel 1633 dai frati francescani riformati ad Afragola. Il percorso attraversava il Casale di Fratta toccando il sito dell'edicola dell'Arco e il sito della chiesa campestre di Santa Giuliana; raggiungeva per i sentieri di campagna il Santuario di Afragola dopo la sosta devozionale presso la chiesa di Sant'Eufemia di Carditello e costeggiando l’Arcopinto sull’antico sentiero dell’acquedotto.
In Frattamaggiore un segno importante della devozione e del percorso antoniano risalente al ‘600 si ritrova anche nella chiesetta gentilizia dei Conti Genoino dedicata a Sant’Ingenuino e a Sant’Antonio. In particolare la statua del santo francescano in essa custodita è oggetto privilegiato della devozione popolare del paese, richiamandosi sicuramente alle vicende del Riscatto (1630). 
Vicende che sono notevolmente significate nella cappella anche dalla presenza della tomba di Giulio Giangrande, vecchio eroe del tempo che si rifiutò di pagare le tasse baronali imposte ai portatori di bastone e che, con il suo gesto, diede il via alla riscossa popolare.

A questo antico circuito devozionale si legano alcuni tratti particolari del francescanesimo locale, fortemente caratterizzato dalla popolarità di Sant’Antonio da Padova e San Pasquale Baylon, e dalla diffusa religiosità animata da numerose figure di beati e venerabili (ad es. Beato Modestino di Gesù e Maria).

Il francescanesimo in Campania fu portato verso il 1215 da frate Agostino d'Assisi, discepolo di san Francesco, e da allora fu avviata la “Provincia Terrae Laboris” che abbracciava gran parte del Regno di Napoli. Nella Diocesi di Aversa si registrano presenze e segni francescani sicuramente datati al XIV secolo. Nel 1670 la Provincia francescana di Terra di Lavoro era divisa in Osservante e Riformata, e fra queste, favorita dal Viceré Don Pietro d'Aragona, si inserì anche la Custodia di San Pietro d'Alcantara, di provenienza spagnola e dotata di Costituzioni austere, impegnative e fortemente ascetiche. Gli Alcantarini presero possesso della Casa di Santa Lucia al Monte di Napoli e si estesero in tutto il Regno, fino a Lecce, diffondendo anche la devozione a San Pasquale, altro santo spagnolo. In Campania essi, incorporando anche i riformati Barbanti, ebbero, inoltre, anche i conventi di Santa Caterina e San Pasquale di Grumo Nevano, di San Giambattista di Atripalda, e di Santa Maria Occorrevole e San Pasquale di Piedimonte Matese. Questi Frati avviarono una esperienza religiosa all'interno della quale si formarono Santi come Giovanni Giuseppe della Croce, Maria Francesca delle Cinque Piaghe, e il Beato Egidio di San Giuseppe. Al tempo della nascita di padre Modestino (5 Settembre del 1802) e della sua entrata nella vita francescana (autunno del 1822), i Frati Alcantarini erano diffusi in più conventi del napoletano e del casertano, ed erano riusciti a scampare alle leggi punitive borboniche e alla soppressione napoleonica. Oggi tutti i Francescani di Terra di Lavoro, da Minturno a Teano, da Roccamonfina a Caserta, da Piedimonte Matese a Pietramelara, da Orta di Atella a Grumo Nevano, da Afragola a Somma Vesuviana, da Napoli a Torre, sono riuniti nella Provincia del SS. Cuore di Gesù, istituita nel 1942.


Ancora oggi, in questa nostra terra, la devozione pellegrina per Sant’Antonio, Dottore Evangelico, e miracoloso frate della prima ora, appare particolarmente rappresentativa sia delle ispirazioni di San Francesco d’Assisi e sia delle aspettative della preghiera dei fedeli e della festa religiosa popolare.

Fonti in: 
Archivio Storico Frattese
Archivio Storico Diocesano di Aversa
Archivio Parrocchiale di San Sossio
Archivio Rassegna Storica dei Comuni (Istituto di Studi Atellani)