venerdì 17 settembre 2021

Il racconto delle Stimmate di San Francesco

Giotto. San Francesco riceve le stimmate


 Nella Festa liturgica della Impressione delle Stimmate di San Francesco, che si celebra il 17 settembre, la Chiesa prega perché l’esperienza del Santo sia esemplare per infiammare lo spirito dei credenti con il fuoco dell’amore di Cristo.

Tra le parole preparate da papa Benedetto XVI, in occasione della visita alla Verna del 13 maggio 2012 annullata per il maltempo, si legge che due anni prima della sua morte “san Francesco ebbe impresse nel suo corpo le piaghe della gloriosa passione di Cristo”, a sigillo di un cammino spirituale che aveva visto il santo sempre orientato alla contemplazione del mistero della croce: Il suo cammino di discepolo lo aveva portato ad una unione così profonda con il Signore da condividerne anche i segni esteriori del supremo atto di amore della Croce. Un cammino iniziato a San Damiano davanti al Crocifisso contemplato con la mente e con il cuore. La continua meditazione della Croce, in questo luogo santo, è stata via di santificazione per tanti cristiani, che, durante otto secoli, si sono qui inginocchiati a pregare, nel silenzio e nel raccoglimento”. 

Nell’esperienza della Verna il Santo Padre trova importanti spunti di riferimento teologico al pensiero di San Bonaventura, biografo ufficiale di San Francesco, ed offre alcune importanti indicazioni pastorali: La contemplazione del Crocifisso ha una straordinaria efficacia, perché ci fa passare dall’ordine delle cose pensate, all’esperienza vissuta; dalla salvezza sperata, alla patria beata. San Bonaventura afferma: «Colui che guarda attentamente [il Crocifisso] ... compie con lui la pasqua, cioè il passaggio». Questo è il cuore dell’esperienza della Verna, dell’esperienza che qui fece il Poverello di Assisi. In questo Sacro Monte, san Francesco vive in se stesso la profonda unità tra sequela, imitatio e conformatio Christi. E così dice anche a noi che non basta dichiararsi cristiani per essere cristiani, e neppure cercare di compiere le opere del bene. Occorre conformarsi a Gesù, con un lento, progressivo impegno di trasformazione del proprio essere, a immagine del Signore, perché, per grazia divina, ogni membro del Corpo di Lui, che è la Chiesa, mostri la necessaria somiglianza con il Capo, Cristo Signore.”

Il Messale Serafico per la Festa liturgica delle Stimmate di San Francesco riporta la narrazione della Legenda Minor di San Bonaventura (Quaracchi, 1941, 202-204):

Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall’alto.

Un mattino, verso la festa dell’Esaltazione della santa Croce; raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all’uomo di Dio. Apparve allora non solo alato ma anche crocifisso.
A questa vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c’erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore.

Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell’incàvo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall’altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue.

Dopo che l’uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l’immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.”

Montefalco. San Bonaventura


Di seguito leggiamo dalle Fonti Francescane il diversificato racconto delle Stimmate di San Francesco, a partire dagli scritti più antichi. 


FF 484-487 (Celano, Vita Prima)

Allorché dimorava nel romitorio che dal nome del luogo è chiamato "Verna", due anni prima della sua morte, ebbe da Dio una visione. Gli apparve un uomo, in forma di Serafino, con le ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, confitto ad una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due coprivano tutto il corpo.

A quell'apparizione il beato servo dell'Altissimo si sentì ripieno di una ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il significato. Era invaso anche da viva gioia e sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il Serafino lo guardava, di una bellezza inimmaginabile; ma era contemporaneamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell'acerbo dolore della passione. Si alzò, per così dire, triste e lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con ardore di scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato.

Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso.

Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano visibili nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Quei segni poi erano rotondi dalla parte interna delle mani, e allungati nell'esterna, e formavano quasi una escrescenza carnosa, come fosse punta di chiodi ripiegata e ribattuta. Così pure nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul resto della carne. Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande.


FF 825-831 (Celano, Trattato dei Miracoli)

L'uomo nuovo Francesco si rese famoso per un nuovo e stupendo miracolo, quando apparve insignito di un singolare privilegio, mai concesso nei secoli precedenti, quando cioè fu decorato delle sacre stimmate e reso somigliante in questo corpo mortale al corpo del Crocifisso. Qualunque cosa si possa umanamente dire di lui sarà sempre inferiore alla lode di cui è degno. Non c'è da chiedersi la ragione di tanto evento, perché fu cosa miracolosa, né da ricercare altro esempio, perché unico. Tutto lo zelo dell'uomo di Dio, sia verso gli altri che nel segreto della sua vita interiore, era centrato attorno alla croce del Signore e, fin dal primo istante in cui cominciò a militare sotto il Crocifisso, diversi misteri della Croce risplendettero attorno a lui.

Quando infatti, all'inizio della sua conversione, aveva deciso di abbandonare ogni vanità di questa vita, Cristo dalla croce gli parlò mentre era intento a pregare; e dalla bocca della stessa immagine scendono a lui queste parole: "Va, Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, va tutta in rovina". Da allora gli fu impresso nel cuore, a tratti profondi, il ricordo della passione del Signore, e, attuata in pieno la sua conversione interiore, la sua anima cominciò a struggersi per le parole del Diletto.

Proprio perché si era racchiuso nella stessa croce, indossò anche un abito di penitenza fatto a forma di croce. Quell'abito, se, in quanto lo rendeva più emulo della povertà, era molto conveniente al suo proposito, tuttavia in esso il Santo testimoniò soprattutto il mistero della croce, in quanto che, come la sua mente si era rivestita del Signore crocifisso, così tutto il suo corpo si rivestiva esteriormente della croce di Cristo, e, nel segno col quale Dio aveva debellato le potestà ribelli, in quello stesso poteva militare al servizio di Dio il suo esercito.

Vide infatti frate Silvestro, uno dei suoi primi frati, e uomo d'ogni virtù, uscire dalla sua bocca una croce dorata, che abbracciava mirabilmente con l'estensione delle sue braccia tutto l'universo. È stato scritto e provato da sicura fonte, come quel frate Monaldo, famoso per i suoi costumi e le opere di pietà, vide con gli occhi del corpo il beato Francesco crocifisso, mentre il beato Antonio predicava della croce. Era usanza imposta con pio mandato ai primi figli, che ovunque scorgessero un'immagine della croce, manifestassero con un segno la dovuta riverenza.

Familiare gli era la lettera Tau, fra le altre lettere, con la quale soltanto firmava i biglietti e decorava le pareti delle celle. Infatti anche l'uomo di Dio, Pacifico, contemplatore di celesti visioni, scorse con gli occhi della carne sulla fronte del beato padre, una grande lettera Tau, che risplendeva di aureo fulgore. Per convincimento razionale e per fede cattolica appare giusto che chi era così preso da ammirabile amore della croce, sia divenuto anche mirabile per causa della croce. Nulla pertanto è, più veramente consono a lui, quanto ciò che si predica delle stimmate della croce.

Or ecco come avvenne l'apparizione. Due anni prima di rendere lo spirito al Cielo nell'eremo detto la Verna, in Toscana, ove nel ritiro della devota contemplazione, ormai volgeva tutto se stesso verso la gloria celeste, vide in visione sopra di sé un Serafino che aveva sei ali con le mani e i piedi inchiodati alla croce. Due ali erano poste sul suo capo, due erano distese come per il volo, due infine coprivano interamente il corpo. A questa visione si meravigliò profondamente, ma non comprendendo che cosa essa significasse per lui, fu pervaso nel cuore da gioia mista a dolore. Si rallegrava per le manifestazioni di grazia con le quali il Serafino lo guardava, ma nel medesimo tempo lo affliggeva l'affissione alla croce. Cercò subito di comprendere che cosa potesse significare tale visione e il suo spirito si tendeva ansioso alla ricerca di una spiegazione. Ma, mentre, cercando fuori di sé, l'intelletto gli venne meno, subito nella sua stessa persona gli si manifestò il senso.

D'un tratto cominciarono infatti ad apparire nelle sue mani e nei piedi le ferite dei chiodi, nella stessa maniera nella quale poco prima le aveva viste sopra di sé nell'uomo crocifisso. Le sue mani e i suoi piedi apparivano trafitti nel centro dai chiodi, con le teste dei chiodi sporgenti nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le loro punte uscivano dall'altra parte. Le teste dei chiodi nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere, le loro punte erano lunghe e ribattute in modo che sorgendo dalla stessa carne sporgevano dalla carne. Anche il fianco destro, come trafitto da una lancia, era segnato da una rossa cicatrice, che emettendo spesso sangue, inzuppava di quel sacro sangue la tunica e la veste .


FF 1222-1228 (Bonaventura, Legenda Maior)

Due anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie fatiche, la Provvidenza divina lo trasse in disparte, e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte della Verna.

Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare la quaresima in onore di san Michele arcangelo, quando incominciò a sentirsi inondato da straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più viva fiamma di desideri celesti, ricolmo di più ricche elargizioni divine. Si elevava a quelle altezze non come un importuno scrutatore della maestà, che viene oppresso dalla gloria, ma come un servo fedele e prudente, teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto.

Egli, dunque, seppe da una voce divina che, all'apertura del Vangelo, Cristo gli avrebbe rivelato che cosa Dio maggiormente gradiva in lui e da lui.

Dopo aver pregato molto devotamente, prese dall'altare il sacro libro dei Vangeli e lo fece aprire dal suo devoto e santo compagno, nel nome della santa Trinità.

Aperto il libro per tre volte, sempre si imbatté nella Passione del Signore. Allora l'uomo pieno di Dio comprese che, come aveva imitato Cristo nelle azioni della sua vita, così doveva essere a lui conforme nelle sofferenze e nei dolori della Passione, prima di passare da questo mondo.

E benché ormai quel suo corpo, che aveva nel passato sostenuto tante austerità e portato senza interruzione la croce del Signore, non avesse più forze, egli non provò alcun timore, anzi si sentì più vigorosamente animato ad affrontare il martirio.

L'incendio indomabile dell'amore per il buon Gesù erompeva in lui con vampe e fiamme di carità così forti, che le molte acque non potevano estinguerle.

L'ardore serafico del desiderio, dunque, lo rapiva in Dio e un tenero sentimento di compassione lo trasformava in Colui che volle, per eccesso di carità, essere crocifisso.

Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell'aria, giunse vicino all'uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo.

A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore.

Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l'anima con la spada dolorosa della compassione.

Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che l'infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natura spirituale e immortale del serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, I'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito.

Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne.

Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi, incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell'immagine dell'uomo crocifisso.

Le mani e i piedi, proprio al centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all'indietro e come ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne.

Il fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande.

Vedeva, il servo di Cristo, che le stimmate impresse in forma così palese non potevano restare nascoste ai compagni più intimi; temeva, nondimeno, di mettere in pubblico il segreto del Signore ed era combattuto da un grande dubbio: dire quanto aveva visto o tacere?

Chiamò, pertanto, alcuni dei frati e, parlando in termini generali, espose loro il dubbio e chiese consiglio. Uno dei frati, Illuminato, di nome e di grazia, intuì che il Santo aveva avuto una visione straordinaria, per il fatto che sembrava tanto stupefatto, e gli disse: "Fratello, sappi che qualche volta i segreti divini ti vengono rivelati non solo per te, ma anche per gli altri. Ci sono, dunque, buone ragioni per temere che, se tieni celato quanto hai ricevuto a giovamento di tutti, venga giudicato colpevole di aver nascosto il talento".

Il Santo fu colpito da queste parole e, benché altre volte fosse solito dire: "Il mio segreto è per me", pure in quella circostanze, con molto timore, riferì come era avvenuta la visione e aggiunse che, durante l'apparizione il serafino gli aveva detto alcune cose, che in vita sua non avrebbe mai confidato a nessuno.

Evidentemente i discorsi di quel sacro serafino, mirabilmente apparso in croce, erano stati così sublimi che non era concesso agli uomini di proferirli.

Così il verace amore di Cristo aveva trasformato I'amante nella immagine stessa dell'amato.

Si compì, intanto, il numero dei quaranta giorni che egli aveva stabilito di trascorrere nella solitudine e sopravvenne anche la solennità dell'arcangelo Michele. Perciò l'uomo angelico Francesco discese dal monte: e portava in sé l'effigie del Crocifisso, raffigurata non su tavole di pietra o di legno dalla mano di un artefice, ma disegnata nella sua carne dal dito del Dio vivente. E, poiché è cosa buona nascondere il segreto del re, egli, consapevole del regalo segreto, nascondeva il più possibile quei segni sacri.

Ma a Dio appartiene rivelare a propria gloria i prodigi che egli compie e, perciò, Dio stesso, che aveva impresso quei segni nel segreto, li fece conoscere apertamente per mezzo dei miracoli, affinché la forza nascosta e meravigliosa di quelle stimmate si rivelasse con evidenza nella chiarezza dei segni.


FF 1482-1484 (Legenda dei Tre Compagni)

Molto egli aveva faticato nella vigna del Signore, sollecito e fervente nelle orazioni, nei digiuni, nelle veglie nelle predicazioni e peregrinazioni evangeliche, nella cura e compassione verso il prossimo, nel disprezzo verso se stesso: e ciò dai primordi della conversione fino al giorno che migrò a Cristo.

Aveva amato Gesù con tutto il cuore, tenendo costantemente nel pensiero il suo ricordo, sempre lodandolo con la parola e glorificandolo con le sue opere fruttuose. Amò Dio con tanto ardore e profondità, che al solo udirlo nominare, come si sentisse liquefare il cuore, effondeva il suo animo commosso, dicendo: "Cielo e terra dovrebbero chinarsi al nome del Signore!".

Quest'amore infiammato e la incessante memoria della passione di Cristo, che celava in cuore, volle il Signore mostrarli a tutto il mondo per mezzo della stupenda prerogativa d'un privilegio eccezionale, con cui lo decorò mentre era ancor vivente nella carne.

Un mattino egli si sentì rapito in alto, verso Dio, da ardenti desideri serafici, mentre una tenera compassione lo trasformava in Colui che, per eccesso di amore, volle essere crocifisso .

Si era verso la festa dell'Esaltazione della croce, due anni prima della sua morte. A Francesco, immerso nell'orazione su un versante del monte della Verna, apparve un serafino: aveva sei ali e tra le ali emergeva la figura di un uomo bellissimo, crocifisso, le cui mani e piedi erano stesi in croce, e i tratti di lui erano chiaramente quelli di Gesù Cristo. Con due ali velava il capo, due scendevano a coprire il corpo, due si tendevano al volto.

Quando la visione scomparve, I'anima di Francesco rimase arroventata d'amore, e nelle sue carni si erano prodotte le stimmate del Signore Gesù Cristo. L'uomo di Dio cercava di nasconderle quanto più poteva, fino alla sua morte, non volendo propalare il segreto del Signore. Ma non arrivò a celare il prodigio totalmente, ché fu scoperto almeno dai compagni viventi in intimità con lui.

Dopo il suo felice transito, tutti i frati presenti alle esequie e grandissimo numero dl laici videro la sua salma adorna delle stimmate d Cristo.

Potevano osservare nelle mani e piedi di lui non le ferite dei chiodi, ma i chiodi stessi formati con le sue carni e come sbocciati dalle sue carni, e del ferro avevano il colore cupo. Il petto, a destra, come fosse stato trapassato da una lancia, era spaccato dalla cicatrice rossa di una vera e visibile ferita; e mentre ancora il Santo viveva, ne sgorgava spesso del sangue.

La verità innegabile di queste stimmate fu constatata durante la vita e alla sua morte, ché poterono essere viste e toccate. Dopo la sepoltura, il Signore volle più chiaramente dichiarare la loro autenticità per mezzo di molti miracoli accaduti in diverse contrade del mondo.


FF 1649 (Legenda Perugina)

Una volta che Francesco salì all'eremo della Verna, quel luogo così isolato gli piacque talmente, che decise di passare lassù una quaresima in onore di san Michele. Vi era salito prima della festa dell'Assunzione della gloriosa vergine Maria, e contando i giorni da questa festività fino a quella di san Michele, trovò che erano quaranta. Allora disse: " A onore di Dio e della beata Vergine Maria, sua madre e di san Michele, principe degli angeli e delle anime, voglio fare una quaresima quassù ".

Entrato nella cella dove intendeva soggiornare tutto quel periodo, nella prima notte pregò il Signore di mostrargli qualche segno da cui potesse conoscere se era volontà divina ch'egli rimanesse sulla Verna. Infatti, Francesco, allorché si fermava in qualche luogo per un periodo di orazione o andava in giro per il mondo a predicare, sempre si preoccupava di conoscere il volere di Dio, affine di maggiormente piacergli. A volte egli temeva che, sotto pretesto di stare isolato per attendere all'orazione, il suo corpo volesse riposare, rifiutando la fatica di andare a predicare per il mondo, per la salvezza del quale Cristo discese dal cielo. E faceva pregare quelli che gli parevano prediletti dal Signore, affinché Dio mostrasse loro la sua volontà, se cioè Francesco dovesse andare per il mondo a evangelizzare il popolo o se talora dovesse ritirarsi in qualche luogo solitario a fare orazione.

Sul far del mattino, mentre era in preghiera, uccelli di ogni specie volarono sulla cella del Santo; non tutti insieme però, ma prima veniva uno e cantava, facendo dolcemente il suo verso, e poi volava via, indi veniva un altro, cantava, ripartiva; e così fecero tutti. Francesco fu assai meravigliato della cosa, e ne trasse grande consolazione. Ma poi prese a riflettere cosa volesse significare quell'omaggio, e il Signore gli rispose in spirito: " Questo è il segno che il Signore ti farà delle grazie in questa cella e ti darà copiose consolazioni ".

E fu veramente così. Invero, fra le altre consolazioni intime o palesi comunicategli dal Signore, ebbe l'apparizione del Serafino da cui trasse viva consolazione spirituale per tutto il tempo che visse.


Considerazioni sulle Stimmate

Viene il dì seguente, cioè il dì della santissima Croce, e santo Francesco la mattina per tempo innanzi dì si gitta in orazione dinanzi all'uscio della sua cella, volgendo la faccia inverso l'oriente, e orava in questa forma: "O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell'anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione, la seconda si è ch'io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori". E stando lungamente in cotesto priego, sì intese che Iddio lo esaudirebbe e che, quanto e' fusse possibile a pura creatura, tanto gli sarebbe conceduto di sentire le predette cose in brieve.

Avendo santo Francesco questa promessa, comincia a contemplare divotissimamente la passione di Cristo e la sua infinita carità. E crescea tanto il fervore in lui della divozione, che tutto sì si trasformava in Gesù, e per amore e per compassione. E istando così infiammandosi in questa contemplazione, in quella medesima mattina e' vide venire dal cielo uno Serafino con sei ali risplendenti e affocate; il quale Serafino con veloce volare appressandosi a santo Francesco, sì ch'egli il potea discernere, e' conobbe chiaramente che avea in sé l'immagine d'uomo crocifisso, e le sue alie erano così disposte, che due alie si distendeano sopra il capo, due se ne distendeano a volare e l'altre due sì copriano tutto il corpo.

Veggendo questo, santo Francesco fu fortemente ispaventato e insieme fu pieno d'allegrezza e di dolore con ammirazione. Avea grandissima allegrezza del grazioso aspetto di Cristo, il quale gli apparia così dimesticamente e guatavalo così graziosamente: ma da altra parte veggendolo crocifisso in croce, aveva smisurato dolore di compassione. Appresso si maravigliava molto di così istupenda e disusata visione, sapendo bene che la infermità della passione non si confà colla immortalità dello ispirito serafico. E istando in questa ammirazione, gli fu rivelato da colui che gli apparia, che per divina provvidenza quella visione gli era mostrata in cotale forma, acciò ch'egli intendesse che, non per martirio corporale, ma per incendio mentale egli doveva essere tutto trasformato in nella espressa similitudine di Cristo crocifisso.

In questa apparizione mirabile tutto il monte della Vernia parea ch'ardesse di fiamma isplendidissima, la quale risplendeva e illuminava tutti li monti e le valli d'intorno, come se fusse il sole sopra la terra. Onde li pastori che vegliavano in quelle contrade, vedendo il monte infiammato e tanta luce d'intorno, sì ebbono grandissima paura, secondo ch'eglino poi narrarono a' frati, affermando che quella fiamma era durata sopra 'l Monte della Vernia per ispazio d'una ora e più. Similemente allo splendore di questo lume, il quale risplendeva negli alberghi della contrada per le finestre, certi mulattieri ch'andavano in Romagna si levarono suso, credendo che fusse levato il sole, e sellarono e caricarono le bestie loro e camminando sì vidono il detto lume cessare e levarsi il sole materiale.

E nella detta apparizione serafica Cristo, il quale apparia, sì parlò a santo Francesco certe cose secrete ed alte, le quali santo Francesco in vita sua non volle rivelare a persona, ma dopo la sua vita il rivelò, secondo che si dimostra più giù; e le parole furono queste: "Sai tu, disse Cristo, quello ch'io t'ho fatto? Io t'ho donato le Stimate che sono i segnali della mia passione, acciò che tu sia il mio gonfaloniere. E siccome io il dì della morte mia discesi al limbo, e tutte l'anime ch'io vi trovai ne trassi in virtù di queste mie Istimate; e così a te concedo ch'ogni anno, il dì della morte tua, tu vadi al purgatorio, e tutte l'anime de' tuoi tre Ordini, cioè Minori, Suore e Continenti, ed eziandio degli altri i quali saranno istati a te molto divoti, i quali tu vi troverai, tu ne tragga in virtù delle tue Istimate e menile alla gloria di paradiso, acciò che tu sia a me conforme nella morte, come tu se' nella vita".

Disparendo dunque questa visione mirabile, dopo grande spazio e segreto parlare, lasciò nel cuore di santo Francesco uno ardore eccessivo e fiamma d'amore divino, e nella sua carne lasciò una maravigliosa immagine ed orma delle passioni di Cristo. Onde immantanente nelle mani e ne' piedi di santo Francesco cominciarono ad apparire li segnali delli chiovi, in quel modo ch'egli avea allora veduto nel corpo di Gesù Cristo crocifisso, il quale gli era apparito in ispezie di Serafino; e così parevano le mani e li piedi chiovellati nel mezzo con chiovi, li cui capi erano nelle palme delle mani e nelle piante de' piedi fuori delle carni, e le loro punte riuscivano in sul dosso delle mani e de' piedi, in tanto che pareano rintorti e ribaditi, per modo che fra la ribaditura e torcitura loro, la quale riusciva tutta sopra la carne, agevolmente sì si sarebbe potuto mettere il dito della mano, a modo che 'n uno anello; e li capi de' chiovi sì erano tondi e neri. Similemente nel costato ritto apparve una immagine d'una ferita di lancia, non salda, rossa e sanguinosa, la quale poi spesse volte gittava sangue del santo petto di santo Francesco e insanguinavagli la tonica e li panni di gamba.